Spazio

Quello che dobbiamo ancora scoprire sulla Luna

L’abbiamo rimirata dalla notte dei tempi. Le abbiamo dedicato canzonipoesie e film. L’occhio vigile della scienza non ha mai smesso di osservarla. Siamo addirittura riusciti a raggiungerladi persona, sei volte, e con ogni probabilità stiamo per farlo di nuovo. Eppure non la conosciamo del tutto: la Luna serba tuttora dei segreti che ancora non siamo riusciti a disvelare. La sua origine, per esempio, è tuttora oggetto di dibattito, così come lo sono la sua sismicità, la sua composizione interna, la natura del suo campo gravitazionale.

Dopo avervi raccontato cosa abbiamo imparato andando sulla Luna, proviamo allora a fare l’operazione opposta, cercando di riassumere quello che invece ancora non conosciamo.

Come è nata la Luna?

La prima grande incognita è relativa alla formazione del nostro satellite naturale. Cominciamo dalle certezze: grazie alla datazione isotopica dei campioni di roccia lunare portati sulla Terra dagli astronauti delle missioni Apollo, sappiamo che l’età della Luna è più o meno pari quattro miliardi e mezzo di anni, ossia 50 milioni di anni in meno rispetto a quella del Sistema solare e all’incirca uguale a quella della Terra. Tutto lascia supporre, dunque, che Luna e Terra si siano formate nello stesso momento.

Già, ma come? Qui si entra nel campo delle ipotesi, come ha recentemente raccontato il New York Times in uno speciale sul tema. Una delle date più importanti per i ricercatori che si occupano di studiare la genesi del nostro satellite è il primo agosto 1971, quando David Scott James Irwin, due astronauti della missione Apollo 15, esplorando il suolo del Mare Imbrium, si imbatterono in una roccia molto particolare. Un anortosite, per la precisione, prodotto quando un minerale chiamato feldspato si cristallizza all’interno di roccia fusa. La presenza di anortosite sulla superficie lunare suggerì ai geologi che il nostro satellite fosse un tempo ricoperto di magma in cui galleggiavano cristalli di feldspato, presumibilmente proveniente dalla crosta primordiale della Luna. Il che, come ha spiegato Ryan Ziegler, responsabile dei campioni lunari recuperati dalle missioni Apollo, “ci racconta molto di quali siano i materiali a partire dai quali si è formata la Luna, e restringe parecchio il campo di ipotesi sulla sua nascita”.

Facciamo un ulteriore passo indietro. Prima delle missioni Apollo, gli astronomi avevano proposto diverse ipotesi sulla formazione della Luna: alcune di esse postulavano che il nostro satellite si fosse formato insieme alla Terra, altre invece asserivano che provenisse da zone più lontane del Sistema solare e che fosse stata catturata solo in un secondo momento dalla gravità terrestre. Dopo la scoperta del campione di anortosite – in seguito ribattezzato “roccia della genesi” – i ricercatori formularono una nuova intrigante teoria, la cosiddetta ipotesi dell’impatto gigante. In seguito alla formazione della Terra, circa quattro miliardi e mezzo di anni orsono, un oggetto delle dimensioni di Marte, chiamato Theia, si sarebbe schiantato contro il nostro giovane pianeta. Uno scontro terrificante: proprio dalle polveri aggregate di Theia, secondo la teoria, sarebbe nata la Luna.

Recentemente, l’ipotesi dell’impatto gigante è stata parzialmente messa in discussione. Nel 2001, un’équipe di ricercatori svizzeri ha rianalizzato 30 campioni lunari con strumenti moderni e ha scoperto che le molecole di ossigeno intrappolate nei campioni erano praticamente indistinguibili da quelle presenti sulla Terra.

E lo stesso si è riscontrato per altre molecole come titanio, tungsteno e altri metalli. Il che è molto strano: se la Luna fosse solo polvere di Theia, dovrebbe essere simile a Theia, non alla Terra. Ed è ragionevole pensare che, a loro volta, Theia e Terra siano abbastanza dissimili, proprio come il nostro pianeta è diverso dagli altri corpi del sistema solare. E ancora: uno studio condotto nel maggio 2011 ha evidenziato che il magma lunare potrebbe contenere concentrazioni di acqua 100 volte superiori rispetto a quelle stimate. Secondo la teoria dell’impatto gigante, l’acqua sarebbe invece dovuta essere evaporata quasi del tutto durante l’impatto. Bisogna convenire dunque che Theia non sia mai esistito, e che la Luna si sia formata in un altro modo? Non è detto. Nuove variazioni apportate alla teoria dell’impatto gigante potrebbero in parte spiegare le discrepanze, anche se siamo ancora nel campo delle ipotesi. Non ci resta che aspettare, insomma.

Com’è fatta?

La Luna è composta di una crosta, di un mantello e di un nucleo, a sua volta diviso in una porzione solida e di una porzione liquida. La parte interna del nucleo, che ha un raggio di circa 240 chilometri, è ricca di ferro allo stato solido, ed è circondata da un guscio esterno dal raggio di circa 300 chilometri composto principalmente di ferro liquido. Sopra di esse è stata osservata una zona dal raggio di circa 500 chilometri composta di materiale parzialmente fuso: la struttura di tale regione è ancora sconosciuta. Analizzando i dati sulla rotazione lunare, siamo riusciti a comprendere che i materiali che la compongono sono (almeno parzialmente) allo stato fuso, ma non sappiamo esattamente quali siano questi materiali. Si potrebbe trattare di ferro in lega con zolfo e nichel, precipitati in seguito alla cristallizzazione dell’oceano di magma che ricopriva il nostro satellite quattro miliardi e mezzo di anni fa, subito dopo la sua formazione.

C’è acqua?

Quasi sicuramente sì, ma non sappiamo ancora quanta ce ne sia. Certamente asteroidi e comete che bombardano la Luna contengono una certa quantità di acqua, e dunque è ragionevole supporre che parte di essa si depositi sul satellite, ghiacciando in zone d’ombra come la superficie dei crateri più profondi. Diverse missioni lunari hanno cercato di verificare se effettivamente tali regioni contenessero acqua, senza però mai giungere a conclusioni definitive. L’evidenza al momento più forte è quella derivante dalle osservazioni della missione Nasa Lunar Crater Observation and Sensing Satellite (Lcross), i cui risultati preliminari sembrano confermare la presenza di depositi di ghiaccio nei pressi del polo sud lunare. Come già detto, inoltre, sembra che il magma lunare contenga acqua in elevate concentrazioni e in composizione simile a quella terrestre.

Perché avvengono i luna-moti?

La Luna non ha vulcani. Eppure ha un’attività sismica non indifferente: i sismografi montati dagli astronauti delle missioni Apollo hanno registrato diverse scosse, tra cui anche alcune di significativa entità. Come è possibile? Non lo sappiamo con certezza, ma l’ipotesi più accreditata è che sia colpa della forza gravitazionale della Terra, che deforma la crosta della Luna, con un meccanismo simile a quello per cui la Luna genera le nostre maree.

Come è fatto il suo campo gravitazionale?

Lo conosciamo piuttosto bene, ma non abbastanza. Diverse missioni indipendenti, nel corso del tempo, hanno mappato l’intero campo gravitazionale della Luna, misurando lo spostamento in frequenza di segnali radio inviati verso la superficie. Le caratteristiche più interessanti sono i cosiddetti mascon, abbreviazione di mass concentration, regioni caratterizzate da anomalie gravitazionali positive. Attualmente si ritiene che tali anomalie siano dovuti alle colate laviche basaltiche che hanno riempito alcuni bacini creati dall’impatto con corpi estranei; tuttavia pare che i flussi di lava, almeno per diverse regioni, non siano sufficienti a spiegare la presenza di mascon così significativi.

Via: Wired.it

Leggi anche su Galileo: Luglio 1969, dalla Terra alla Luna e ritorno: la timeline dello sbarco

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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