Così ti riconosco

Scimpanzé ed esseri umani riconoscono le facce dei propri compagni utilizzando, in gran parte, le stesse aree cerebrali. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Current Biology, condotto dai ricercatori della Yerkes National Primate Research Center (Emory University, Usa), che per la prima volta hanno utilizzato la tomografia ad emissione di positroni (Pet) su primati non umani.

A cinque scimpanzé (Pan troglodytes) sono state mostrate le immagini di tre facce di co-specifici, di cui due dello stesso individuo: le scimmie dovevano riconoscere e indicare quelle uguali. L’esperimento prevedeva due prove, una con fotografie e l’altra con immagini clipart (una sorta di gioco-identikit). Intanto, la Pet (che traccia i prodotti del metabolismo degli zuccheri nel sangue) mostrava ai ricercatori le aree più attive durante l’attività di riconoscimento.

Gli studiosi hanno trovato che queste zone sono omologhe a quelle degli esseri umani: prima di tutto si attivano regioni specifiche nei lobi temporali e occipitali della corteccia, coinvolte nella memoria, nell’attenzione e nella percezione cosciente; successivamente l’elaborazione viene filtrata attraverso una rete di neuroni diffusa, in modo simile a quanto accade nel nostro cervello.

Non tutti gli animali sono in grado di distinguere i propri co-specifici. Il riconoscimento individuale è presente in particolare in alcuni mammiferi, come scimmie, elefanti o delfini. Negli esseri umani, dove la chiave visiva è prevalente, l’identificazione delle facce è cruciale per distinguere gli individui, e le aree cerebrali coinvolte in questo processo sono ben note. I risultati di questo studio, per quanto preliminari, costituiscono una base per comprendere quali capacità cognitive sono davvero uniche degli esseri umani e quali, invece, sono condivise con altre specie animali. (i.n.)

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