Salute

Nobel per la chimica alle scienziate di CRISPR

Doppietta femminile per il Nobel di Chimica, assegnato quest’anno a Emmanuelle Charpentier e Jennifer A. Doudna, rispettivamente a capo del Max Planck Unit for the Science of Pathogens di Berlino e ricercatrice alla Berkeley University. In parte atteso, sperato. Perché quello che hanno inventato è un metodo di editing genetico di altissima precisione per qualsiasi organismo vivente, Crispr-Cas9, facile da usare e veloce, di cui si parla come rivoluzionario nel campo da anni ormai, non senza qualche polemica a volte. Non per il metodo in sé, ma per i modi e i fini in cui è stato utilizzato e per le dispute brevettuali di cui è stato oggetto.

Ma la storia di Crispr-Cas 9 è soprattutto quella di una grandissima scoperta. Qualcosa che parla di chimica sì, ma a partire dalla biologia, in modo particolare da quella dei batteri. Perché sono loro i veri protagonisti della storia, almeno agli inizi. Crispr-Cas è infatti un acronimo utilizzato per identificare una sorta di sistema immunitario procariotico. Si tratta di un complesso, l’unione di sequenze genetiche e proteine (rispettivamente clustered regularly interspaced short palindromic repeats Crispr-associated protein, ovvero brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari e proteine associate) specializzato nel difendere i batteri dalle invasioni di virus, rompendo il loro materiale genetico. Tutto questo a metà degli anni Duemila era per lo più un’ipotesi, ricordano dal comitato dei Nobel,  ripercorrendo la storia che ha portato oggi al Nobel Charpentier e Doudna, perché non era chiaro come funzionasse. Era noto che queste sequenze ripetute erano intervallate da sequenze simili a quelli di virus, e che le proteine associate a queste sequenze avevano a che fare probabilmente con il taglio del materiale genetico. A piccoli passi il quadro di Crispr-Cas si andava costruendo, gettando le basi per tutte le sue future applicazioni.

Le intuizioni e gli studi sulle proteine associate a Crispr della Doudna e quelli sull’Rna di uno streptoccocco della Charpentier erano destinati a unirsi dopo un fortunato incontro a una conferenza a Porto Rico. L’Rna studiato da Charpentier poteva combinarsi con le sequenza Crispr, che cosa significava tutto questo? Significava, come avrebbero dimostrato gli esperimenti condotti negli anni successivi, che quell’Rna partecipava alla funzione di quel sistema immunitario primitivo: insieme alle proteine Cas, in particolare Cas9, e alle sequenze Crispr permetteva da ultimo di tagliare il materiale genetico virale. Le due scienziate erano di fatto riuscite a mimare in laboratorio questo sistema immunitario: una forbice selettiva in grado di mettere fuori uso il genoma di un invasore, grazie alla memoria immunitaria batterica, ovvero le sequenze virali intersperse nelle sequenze Crispr, in grado di guidare l’attacco verso il virus al suo ripresentarsi.

La specificità con cui il sistema funzionava suggerì quindi alle ricercatrici che si poteva anche andare oltre: forse il sistema poteva essere riprodotto in laboratorio, e ingegnerizzato per tagliare in punti precisi del Dna, costruendo delle molecole guida di Rna, complementari alla zona in cui si intende tagliare. L’idea di copiare i batteri fu vincente: Crispr-Cas 9 poteva essere ingegnerizzato e controllato a piacimento, per riconoscere e modificare le zone di interesse.

Era il 2012 ed appena nato il potente sistema di editing genetico: preciso, puntuale, veloce, potenzialmente capace di distruggere, riparare, riscrivere il Dna di qualsiasi organismo, che nel giro di otto anni le avrebbe portate a vincere il Nobel per la chimica. Con continue evoluzioni e implicazioni enormi in ambito di ricerca, di base, per comprendere la funzione dei geni, e applicativo, per creare organismi con caratteristiche desiderate: coltivazioni resistenti alle siccità, ai parassiti. O per ripristinare funzioni genetiche difettose, sviluppare terapie geniche, come accade in ambito medico, anche contro il cancro. Solo cercando sul database di dati clinici statunitense per la parola Crispr sono almeno una quarantina le sperimentazioni cliniche oggi in corso. Mentre continua a essere oggetto di discussione l’uso della tecnica come strumento di editing genetico per gli embrioni umani.

Via: Wired.it

Leggi anche su Galileo: Crispr potrebbe essere utile anche contro la retinite pigmentosa

Cosa faremo con Crispr?

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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