Cybergiornalisti d’America

Schermi, telecamere e microfoni hanno trasformato martedì scorso la sede dell’Usis (United States Information Service) di Roma in un salotto internazionale. Ospiti: alcuni giornalisti di testate italiane online, tra cui Galileo, e due esperti statunitensi della comunicazione, in collegamento da Washington. Tema: con Internet cambia il modo di fare giornalismo? James Gordon Meek, responsabile della pagina web dell’Upi (http://www.upi.com) (United Press International) e Adam Clayton Powell III, vicepresidente per le tecnologie e i programmi del Freedom Forum (http://www.freedomforum.org), hanno raccontato le loro storie e risposto ad alcune domande, spiegando ai colleghi italiani l’esperienza online d’oltreoceano.

“Alcuni anni fa, io e il mio collega e amico Michael Radenberg volevamo fare una rivista politica intelligente” attacca James Gordon Meek, che dirige il webzine (web magazine) politico dell’Upi, il “Gridlock and load (http://www.gridlockandload.com)”. “Non era cosa comune nel mondo online: noi volevamo dare alla politica di Washington un punto di vista che non si aveva da altre fonti. Volevamo anche fare un giornale divertente e interessante da leggere. Per riuscirci bisognava lanciarsi in avanti, avere una certa lungimiranza. Con Internet è stato possibile che due giornalisti come noi, con pochi mezzi finanziari, arrivassero a comunicare con il resto dell’America, con il resto del mondo parlando di temi importanti che riguardano tutti. Volevamo cambiare il mondo del giornalismo dando un nuovo stile e anche un buon senso di humor. Dobbiamo ringraziare Internet per averci dato la possibilità di fare tutto questo”.

“Non tutti conoscono il mondo del giornalismo via Internet”, continua Meek. “Però è necessario abbracciare le novità, perché saranno queste che guideranno l’era dell’informazione in futuro. Quando io e Michael Radenberg ci siamo affacciati sulla scena di Washington producendo Cd-rom la gente non ci prendeva sul serio, perché andavamo per la città con videocamere digitali con pellicole da 35 mm, eravamo dei cybergiornalisti. Però il nostro lavoro è diventato sempre più importante e le cose sono cambiate radicalmente. Chissà dove sono oggi quelle persone allora così scettiche: molte sono entrate in Internet e hanno imparato ad usarlo come strumento di ricerca e per diffondere notizie. Altre probabilmente sono nelle liste di disoccupazione”.

“Solo 12 anni fa, durante la prima conferenza Freedom Forum sulla tecnologia”, ricorda Adam Clayton Powell, “avevamo considerato fantascienza l’idea che i telefoni, le televisioni, i computer e altri dispositivi elettronici sarebbero tutti diventati digitali e ci sarebbe stata una convergenza totale. Allora pensavamo che forse i nostri nipoti si sarebbero occupati di questi aspetti, ma non certo noi. Invece, negli ultimi anni, questa convergenza è avvenuta a una velocità straordinaria, molto più del previsto. E per quanto riguarda il mondo dell’informazione, il rischio è che le innovazioni vengano guidate dalla tecnologia, mentre i giornalisti restano ai margini. E infatti, molti di loro le considerano come una minaccia e non come una nuova opportunità”.

“Oggi, c’è chi dice che il mestiere del giornalista è superato perché chiunque può direttamente accedere alle fonti sulla rete”, interviene Meek, “e chi, al contrario, considera inaffidabile la comunicazione online. Questa problematica mi riporta indietro nel tempo, quando, durante la rivoluzione americana, i primi giornalisti del nostro paese facevano circolare degli opuscoli sulla ribellione contro gli inglesi. Non erano giornalisti professionisti, ma gente comune che diffondeva notizie in modo capillare. Anche Internet ha consentito a molti dilettanti di far circolare notizie in tutto il mondo. Ma – e questo è il problema – non si tratta sempre di notizie esatte. Secondo me Internet svolge un ruolo preciso nei confronti del lettore: lo costringe a selezionare da questa grande quantità di fonti il materiale da leggere. Chi invece ha poco tempo per fare una ricerca completa, si può servire di qualcun altro che aggreghi i contenuti e metta insieme le storie in modo piacevole, creando un “sito di marca” che dia garanzia. Ecco allora il ruolo del cybergiornalista. Resta comunque importante che tutte le persone collegate possano consultare le fonti primarie. In alcuni casi, specialmente per quanto riguarda i documenti governativi degli Stati Uniti e di alcuni governi locali dei singoli stati, Internet è l’unica risorsa che abbiamo, anche noi professionisti, per trovare e leggere questi documenti. E poi, la mancanza di accuratezza dell’informazione non riguarda solo Internet: anche i giornali tradizionali, per la fretta di pubblicare, a volte non si preoccupano di verificare le fonti”.

“C’è poi la questione della pubblicità”, conclude Week. “I giornali stampati hanno scoperto da tempo il grande business degli annunci pubblicitari, e questo su Internet può avere un impatto ancora più forte: si può acquistare un tostapane anni ‘50 dal Canada alla Svezia. Ma nessuno vuole che Internet diventi come la televisione, sempre più piena di pubblicità. E’ necessario essere creativi anche in questo, perché la pubblicità diretta online accende una fortissima concorrenza, dirottando i lettori su quei siti che, per esempio, mettono in rete le offerte commerciali immobiliari. Esiste poi il problema etico, della perdita di autonomia della testata: effettivamente è un aspetto da non sottovalutare. Ma anche questo non riguarda solo Internet: se la proprietà di un giornale cartaceo è, mettiamo, di un’industria petrolifera, ci saranno sempre delle cose che è meglio non scrivere, anche se, ovviamente noi giornalisti dovremmo conservare sempre una certa integrità e sperare di non essere licenziati per tutto quello che facciamo. E se poi così deve accadere, beh, che accada”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here