Dal Gran Sasso alla Cina: così Borexino aiuterà Juno a dare la caccia ai neutrini

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Credit: Juno

Le tecnologie sviluppate con Borexino dall’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) saranno fondamentali per il funzionamento di JUNO (Jiangmen Underground Neutrino Observatory), l’enorme rivelatore sotterraneo di neutrini in costruzione nel sud della Cina. JUNO è un progetto internazionale e l’Infn ha fornito i due impianti che servono a purificare le 20mila tonnellate di liquido scintillatore, che rappresenta il cuore dell’esperimento.

Il liquido scintillatore (alchilbenzene lineare, LAB) è la sostanza che permette di rendere “visibili” i neutrini grazie alla luce che emettono quando lo attraversano. Ma per rilevarli è fondamentale che il liquido sia purificato. Se contenesse livelli troppo alti di uranio, torio, potassio o altri gas radioattivi, infatti, i segnali da loro prodotti sarebbero più alti del segnale prodotto dai neutrini, che di conseguenza rimarrebbe nascosto.

Ecco quindi che uno dei due impianti, tramite distillazione, rimuoverà i contaminanti radioattivi più pesanti, mentre l’altro, con una tecnica detta “steam stripping” (che fa entrare in contatto il liquido scintillatore con un flusso di vapore acqueo) eliminerà i contaminanti rimasti, come i componenti volatili o gas tipo ossigeno e radon.

I neutrini si trasformano viaggiando 

L’esperienza dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso giocherà quindi un ruolo centrale e JUNO porterà avanti lo studio dell’oscillazione dei neutrini, un fenomeno per il quale, oscillando, queste piccolissime particelle, estremamente elusive e presenti in natura in tre diverse tipologie, possono mutare da un tipo all’altro. 


Nonostante siano presenti e si muovano in tutto l’universo, però, non è facile misurarne le caratteristiche, molte delle quali restano ancora sconosciute. JUNO si concentrerà in particolare su una di esse, cioè la gerarchia di massa, l’ordine in cui sono disposte le masse dei tre tipi di neutrini.

Dalle centrali nucleari all’energia solare

Per farlo, i ricercatori misureranno gli antineutrini prodotti da due reattori nucleari a circa 53 km dal sito. Oltre a fornire una grande quantità di neutrini, i reattori si trovano anche a una distanza ottimale, che garantisce una maggiore probabilità che si verifichi l’oscillazione. Quest’ultima dipende infatti da due fattori: l’energia dei neutrini e la distanza dal luogo in cui sono prodotti. In base a quanto viaggiano, cioè, hanno una certa probabilità di mutare.

Per misurarne la gerarchia di massa, i ricercatori dovranno quindi misurare quanto è cambiato il loro spettro rispetto al punto da cui sono partiti, che deve essere pertanto ben noto e il più preciso possibile.

Abbiamo chiesto a uno dei due scienziati rientrati dalla Cina, Michele Montuschi dell’Università di Ferrara, di spiegarci in cosa consiste JUNO e quale sarà il contributo della ricerca italiana.

Perché è importante lo studio dell’oscillazione dei neutrini e della gerarchia di massa?

“Lo scopo principale è studiare le caratteristiche dei neutrini in quanto tali, senza voler necessariamente inferire qualcos’altro. Tuttavia, un esperimento così grande ha anche altri obiettivi.

Ad esempio, si potranno misurare i neutrini provenienti dal mantello terrestre, che ci permettono di capire quante reazioni nucleari avvengono all’interno della Terra, o quelli provenienti dalle supernove, che, siccome non interagiscono con altri elementi nel loro viaggio verso la Terra (a differenza della luce), portano con sé un’informazione più pura e precisa dell’evento originale”.

Vale anche per il Sole?

“Sì: quando all’interno del Sole avviene una reazione che tramuta due nuclei di idrogeno in uno di elio si producono energia e neutrini. L’energia, però, sotto forma di protoni, inizia a rimbalzare all’interno del Sole a causa del campo magnetico e ci mette migliaia di anni per uscirne, mentre i neutrini partono subito e arrivano da noi in poco più di otto minuti, portando un’informazione quasi in tempo reale”.

In che modo le tecnologie del Gran Sasso entrano in JUNO?

“Al Gran Sasso è stato fatto un esperimento fondamentale per la fisica del neutrino, Borexino, il cui aspetto più importante è il raggiungimento di un grado elevatissimo di radio purezza del liquido scintillatore. In JUNO, abbiamo cercato di riprodurre su scala molto più grande (circa 20mila tonnellate di liquido) questo grado di purezza ottenuto grazie ai nostri impianti”.

Qual è l’importanza di tali impianti per l’esperimento?

“Poiché servono per purificare il liquido scintillatore, questi impianti sono fondamentali perché senza di essi non sarebbe possibile l’esperimento, visto che in un liquido non purificato il segnale dei neutrini non sarebbe rilevabile, o perlomeno ci vorrebbe molto più tempo. Senza di essi, infatti, dovremmo conoscere con esattezza il livello di contaminazione del liquido e sottrarlo al risultato osservato, il che è quasi fantascienza. Teniamo presente inoltre che il liquido scintillatore è composto principalmente da derivati del petrolio, che, rimanendo a lungo sotto terra, è molto ricco di componenti radioattivi che devono essere rimossi”.