Dalla ragnatela all’armatura

Tenacità, resistenza, leggerezza e biodegradabilità: le proprietà che, in 400 mila anni di evoluzione, hanno reso la seta del ragno un materiale unico. Per decenni, collezionando ripetuti insuccessi, i ricercatori di tutto il mondo hanno tentato di imitarne le caratteristiche. E oggi finalmente ci sono riusciti. Ecco, quindi, presentato sulle pagine di Science il Sacro Graal dell’ingegneria dei materiali. Si tratta di fibre biotecnologiche messe a punto dai laboratori della Nexia Biotechnologies Inc., una società canadese, in collaborazione con l’Army Soldier Biological Chemical Command dell’Esercito statunitense. Imitando il procedimento con cui i ragni tessono la ragnatela, i ricercatori hanno realizzato delle fibre viscose cinque volte più resistenti dell’acciaio. E adesso sperano di avviarne una produzione su vasta scala per applicazioni in campo industriale, medico e militare. “I primi esperimenti sulle fibre Biosteel, questo il nome del brevetto, sono iniziati nel 1999”, ha raccontato a Galileo Costas N. Karatzas, vicepresidente della Nexia e autore dell’articolo su Science, “e da subito l’esercito americano ha mostrato interesse per questo materiale. Tra le possibili applicazioni pratiche delle fibre, infatti, c’è la realizzazione di armature ultraresistenti”.

Per la verità i militari americani cominciarono a studiare la ragnatela naturale già negli anni 60. Dopo la guerra del Vietnam, infatti, si cercò un’alternativa alle armature in dotazione dell’esercito che non erano in grado di riparare i soldati dai proiettili nemici. Non andavano bene quelle in acciaio, troppo pesanti e ingombranti. E così nel corso degli anni la produzione della seta è stata sperimentata su diversi organismi, come il lievito o i batteri. I risultati però non sono mai stai incoraggianti, perché il materiale ottenuto non poteva essere filato oppure non era abbastanza resistente. Questa volta i ricercatori ci sono riusciti: hanno imitato la natura utilizzando alcune cellule prelevate da vitelli e criceti. E hanno così riprodotto l’intero processo della filatura della seta da parte del ragno. Le Biosteel testate per diverse proprietà meccaniche e confrontate con il corrispettivo naturale, hanno mostrato una minore resistenza alla rottura, ma una tenacità – la massima energia che possono assorbire per deformazione plastica prima di rompersi – molto simile. Insomma un ottimo falso.

Per realizzarlo i ricercatori hanno innanzitutto isolato i geni del Dna del ragno che codificano la seta viscosa in due particolari specie: l’Araneus diadematus e la Nephila clavipes, appartenenti alla categoria degli “orb-web spiders”, ragni cioè che producono ragnatele a forma circolare con particolari proprietà. Come la capacità di riflettere raggi ultravioletti per attrarre le loro prede. Attraverso tecniche di coltura cellulare, hanno quindi prodotto le proteine della seta. Che in seguito sono state filate in una soluzione acquosa per produrre fibre insolubili. Risultato: più resistenti del Kevlar – le fibre tradizionalmente usate per i giubbotti antiproiettili – e dell’acciaio, le Biosteel possono essere filate senza utilizzare componenti tossici. E inoltre sono completamente biodegradabili. Queste proprietà le rendono, quindi, un vero gioiello biotecnologico. Bisognerà avviarne la produzione industriale. Per farlo, alla Nexia hanno introdotto i geni del ragno nelle cellule mammarie di una capra che produce la proteina della seta nel suo latte. Dopo la mungitura, il materiale viene poi filato in laboratorio. “Proprio come accade nei ragni, abbiamo realizzato delle proteine solubili, che abbiamo innanzitutto disidratato e quindi espulso attraverso un piccolo buco”, ha spiegato Karatzas.

Le fibre Biosteel sottili, flessibili e, allo stesso tempo, molto resistenti serviranno in futuro per realizzare giubbotti antiproiettili e armature. Ma anche per applicazioni mediche: “in questo campo”, specifica Karatzas, “sono già allo studio suture molto sottili per usi oftalmici, e componenti per la neuromedicina e la microchirurgia in generale”. Allo studio è anche la produzione di un filo da pesca biodegradabile. “Sostituirebbe quelli sintetici che inquinano le acque di laghi e fiumi. Le proteine di Biosteel sono un’alternativa verde, perché a contatto con l’acqua si degradano”, aggiunge il ricercatore della Nexia. Ma quanto dovremo aspettare prima di vedere queste applicazioni? A quanto pare non molto. Lo stesso Karatzas ha dichiarato: “oggi la Nexia si muove in due direzioni, produrre grandi quantità di Biosteel e ottimizzare i processi di produzione per creare diversi tipi di fibre con specifiche proprietà”. Per produrre Biosteel su vasta scala verrà utilizzato il latte di una mandria di capre che portano il gene del ragno. A chi non è d’accordo con questi metodi, Jeffrey Turner il presidente di Nexia, in una dichiarazione alla Bbc ha obiettato: “la gente oggi si chiede perché non fabbrichiamo Biosteel con lo stesso procedimento utilizzato per la produzione della seta negli allevamenti di bachi. Non bisogna dimenticare che i ragni sono dei carnivori territoriali, che non possono essere messi in allevamento. Se chiudessimo 10 mila ragni in una stanza, dopo una settimana ne troveremmo soltanto uno. Quello più cattivo”.

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