Dengue, nessun paradosso

Un paradosso, quello della dengue in Tailandia: a dispetto degli sforzi fatti per diminuire la trasmissione del virus infatti, si è registrato un aumento dei casi mortali. Ora, grazie alla costruzione di modelli epidemiologici, basati su dati raccolti dal 1981 ad oggi, Katia Koelle, biologa alla Duke University (Gb), e Yoshiro Nagao, studente alla Graduate School of Medicine dell’Università di Osaka, hanno trovato una risposta all’enigma, pubblicata on line su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas). Normalmente, l’infezione del virus della dengue, la malattia virale più comune al mondo trasmessa dalle zanzare, provoca qualche giorno di febbre, ma non è fatale. Nel dieci per cento dei casi, invece, può portare a una febbre emorragica (Dhf, Dengue Hemorrhagic Fever) dall’esito letale.

Il virus della dengue ha quattro varianti che provocano, in chi viene infettato, una “immunità incrociata”: non solo non è possibile essere contagiati dallo stesso virus ma, per un anno circa, si è meno soggetti anche agli altri ceppi. Questo fatto era già noto e, secondo i ricercatori, basta a spiegare l’apparente paradosso dell’aumento delle morti. Secondo gli autori, infatti, durante l'”immunità incrociata” il nostro corpo sviluppa anticorpi a ogni nuovo contatto con i vari ceppi del virus. Diminuire la probabilità di essere infettati, quindi, significa anche abbassare il livello di difesa del nostro organismo. Purtroppo il modo migliore per diminuire la trasmissione del virus è ancora il controllo delle zanzare, dal momento che non è disponibile un vaccino che abbia effetto su tutte e quattro le varianti del virus. (m.g.)

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