Categorie: Salute

Diagnosi prenatale, oggi ancora più precoce

Un ulteriore passo avanti è stato compiuto nella ricerca di metodi per la diagnosi precoce delle malattie genetiche: sitratta di una nuova analisi biologica unita a un esame ecografico particolarmente accurato. Questa tecnica permette diidentificare, già dal primo trimestre di gestazione, l’80% dei feti affetti da sindrome di Down e una buona percentuale diquelli affetti dalla sindrome di Edwards (o trisomia 18). Il test, praticato negli Usa da circa due anni e in Italia da menodi un anno, viene eseguito senza invadere l’ambiente intrauterino e permette di conoscere precocemente laprobabilità che il nascituro abbia malformazioni cromosomiche. Basandosi su questo risultato una donna in gravidanzapuò decidere se sottoporsi a indagini più approfondite.L’unico mezzo certo per individuare prima della nascita qualsiasi anormalità nei cromosomi, è la costruzione della”mappa cromosomica” del feto, ovvero l’osservazione diretta del suo genoma. Per questo occorre prelevare, conun’amniocentesi o con una villocentesi, un campione di cellule del nascituro. Tuttavia tali prelievi comportano unrischio, anche se molto basso (circa dello 0,5% per l’amniocentesi), di aborto spontaneo. Dato che la più comunemalattia cromosomica, la sindrome di Down, ha una probabilità piccolissima di manifestarsi nei figli di donne sotto i 35anni, molte giovani madri preferiscono non rischiare ed evitano queste analisi prenatali. Ecco l’importanza di tecnicheche permettano di selezionare le gravidanze “a rischio” su cui effettuare analisi più approfondite.Una prima risposta si era avuta negli anni ‘80, quando molti centri di diagnosi prenatale cominciarono a praticare il”tritest”. Questa analisi consiste nella ricerca, in un campione di sangue della madre, di tre proteine che sono prodottedai tessuti del feto, ma che passano in parte nel circolo sanguigno materno. Una concentrazione diversa dalla normadi queste proteine è un indizio di malformazioni nel bambino. Alle pazienti trovate positive, che forse non si sarebberosottoposte all’amniocentesi, viene consigliato di effettuare la mappa cromosomica per confermare l’eventuale difettogenetico. Ciò consente di identificare il 60% dei feti Down e una percentuale di quelli affetti da altre patologie. Il tritestpresenta tuttavia due grandi svantaggi. In primo luogo troppi feti malformati sfuggono all’indagine. Inoltre si puòeseguire solo nel secondo trimestre di gravidanza. La certezza della malattia si ha solo a gravidanza avanzata. Eanche se l’aborto terapeutico è possibile fino al sesto mese, esso risulta tanto più traumatico quanto più è tardivo.Una parziale soluzione a questi problemi viene da una nuova analisi che fornisce risultati più precoci e affidabili. E’ unoscreening biochimico, simile al tritest, che consiste nel misurare la concentrazione nel sangue materno di due proteine:la plasmaproteina A (PAAP-A) e la gonadotropina corionica (free-beta hCG). Le concentrazioni sono esaminate concriteri statistici, considerando anche fattori come il peso, l’età e l’origine geografica della paziente, o l’epoca precisadella gravidanza al momento del prelievo. Usando curve di riferimento molto accurate, si valuta di quanto il campionein esame si discosta dai valori standard. Questa tecnica permette di individuare due casi di Down su tre e una buonnumero di trisomie 18. Tale percentuale può essere ulteriormente aumentata effettuando anche uno screeningecografico. Combinando i dati dello screening biochimico, di quello ecografico e l’età materna è possibile individuareben l’80% delle anomalie cromosomiche con una percentuale di falsi positivi del 5% (cioè il 5% delle donne positivealla combinazione dei tre test risulta poi negativa alla villocentesi o all’amniocentesi).Nonostante i molti vantaggi della nuova indagine, bisogna tenere presente che questa fornisce risultati statistici. Unesito positivo è privo di valore definitivo se non è seguito da un’analisi diretta delle cellule del feto, cioè da unaamniocentesi o una villocentesi. In ogni caso lo screening del primo trimestre è sensato soprattutto per le pazientisotto i 35 anni. Le altre, per via della loro età, corrono già un rischio di malformazioni sufficientemente alto da renderecomunque opportuna una mappa cromosomica del nascituro.

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