Diatomee e alghe, cocktail di Dna

Ben oltre 3.000 geni delle diatomee, le alghe unicellulari dagli elaborati e spettacolari gusci di silice, sono un “regalo” di altre  alghe, rosse e verdi. La scoperta, riportata su Science, indica che durante la loro storia evolutiva questi organismi hanno reclutato pezzi di Dna da entrambi i maggiori gruppi di alghe esistenti grazie all’endosimbiosi, il fenomeno per cui una cellula acquisisce in modo permanente un organello prima estraneo.

Che le alghe rosse abbiano contribuito al genoma delle diatomee era già noto: persino i plastidi, gli organelli che ne permettono la fotosintesi, sono una loro eredità. La novità, inaspettata, consiste nell’aver scoperto che anche le alghe verdi hanno contribuito al cocktail, con più geni di quelle rosse (oltre 1.700) e, soprattutto, in un tempo ancora più remoto. Infatti, partendo dal presupposto che le diatomee devono la loro capacità fotosintetica alle alghe rosse, era logico aspettarsi sequenze provenienti da queste. Oltre il 70 per cento dei loro geni (e circa il 16 per cento i quelli che si esprimono in proteine), invece, sembra derivare dalle alghe verdi.

Di certo, il quadro si sta complicando. Ahmed Moustafa dell’Università dell’Iowa (Usa), primo autore dello studio, ha ottenuto questi risultati comparando migliaia di geni delle diatomee Thalassiosira e Phaeodactylum a centinaia di sequenze di altre alghe e organismi, trovando che la prima possiede 3.500 geni algali e la seconda almeno 3.700. Secondo Moustafa è possibile che nelle diatomee l’endosimbionte ancestrale sia stato un’alga verde e che un altro evento endosimbiotico abbia determinato la sua sostituzione con un’alga rossa.

Altra cosa certa è che lo studio dell’evoluzione degli eucarioti attraverso il loro patrimonio genetico accredita sempre più la teoria dell’evoluzione per endosimbiosi. Grazie a questo fenomeno una cellula o un organello cellulare può entrare a far parte di un’altra cellula. Secondo la teoria più accreditata, l’endosimbiosi è all’origine della comparsa degli stessi mitocondri e plastidi, cui si deve la capacità fotosintetica nelle piante. (a.d.)

Riferimento: DOI: 10.1126/science.1175765 

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