Categorie: Società

Discriminate in laboratorio

Donne angeli del focolare? Sembrerebbe proprio di no. Le giovani donne investono sempre più nell’istruzione, in particolare, e qui sta la sorpresa, in quella scientifica, ritenuta da sempre dominio degli uomini. E spesso ottengono risultati migliori dei loro colleghi maschi. Nonostante questo rimangono poche le donne che riescono a raggiungere i vertici delle carriere scientifiche. E’ quanto emerge da “Figlie di Minerva” (edito da Franco Angeli), il primo rapporto sulle carriere femminili negli Enti pubblici di ricerca italiani. Il volume analizza in chiave di genere il mondo della scienza, fornendo una grande mole di dati sulla presenza femminile in alcuni dei principali enti di ricerca italiani. “L’idea di analizzare la condizione delle donne nella scienza è partita dalla Commissione europea. Così ci è sembrato giusto formare un gruppo di lavoro, a cui hanno partecipato otto dei principali enti di ricerca italiani, su un tema che ci riguarda da vicino”, dice Rossella Palomba, dirigente di ricerca del Cnr e curatrice del rapporto.

Sono numerosi i dati che testimoniano il lento ma continuo aumento delle donne che intraprendono studi scientifici, come ingegneria, agraria, economia, statistica. Le studentesse universitarie sono più determinate degli uomini: l’abbandono degli studi è meno frequente e la proporzione di quante arrivano alla laurea (con voti migliori dei maschi) è maggiore. Ma i successi accademici delle donne sembrano non avere degna rispondenza al momento dell’ingresso nelle carriere scientifiche: anche se le donne sono un terzo del personale, sono sempre più gli uomini, anche tra i giovani, a essere assunti. “C’è stata sicuramente una femminilizzazione della ricerca”, continua Palomba, “negli ultimi anni siamo passate dal 19 al 30 per cento del totale. Ma manca quella valorizzazione delle donne che ci si attenderebbe viste le loro capacità”.

Di tutti i neo-assunti in campo scientifico nel triennio 1995-1998, infatti, quasi il 63 per cento erano uomini e solo il 37 per cento donne. La situazione peggiora quando si sale di livello: ai vertici decisionali il gentil sesso raggiunge appena il 7 per cento. Si chiama “effetto forbice”: al crescere del livello, dell’importanza della posizione e del salario, le donne diminuiscono sensibilmente, fino a scomparire addirittura in alcune discipline ed enti. “Tutte le nomine politiche ai vertici sono ricoperte quasi totalmente da uomini. Al Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), su 120 consiglieri di nomina politica, solo 7 sono donne”, denuncia Palomba, “e questa è la situazione migliore. In altri enti, per esempio al Cnr, tutti i consiglieri scientifici, di nomina politica, sono uomini, mentre tra gli otto consiglieri di presidenza, di nomina elettiva, abbiamo una sola donna”.

Per giustificare questa situazione sono state fornite varie spiegazioni. Quella più comune si basa sul supposto “ritardo” con cui le donne si sono affacciate alle carriere scientifiche. Ma l’analisi condotta su un campione di 1028 uomini e donne assunti nello stesso anno ha dimostrato l’infondatezza di tale ipotesi. A parità di anzianità di servizio, età e numero di pubblicazioni, infatti, le donne hanno sempre la metà delle possibilità di essere promosse rispetto agli uomini. Spesso questa tendenza viene motivata con il fatto che spesso le donne, più degli uomini, si trovano davanti alla scelta tra famiglia e carriera. I dati smentiscono: nessuno studio ha mai dimostrato che donne nubili o senza figli abbiano più possibilità di avanzamento delle colleghe spose e madri.

Altro versante critico è quello delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche: le donne pubblicano un po’ meno dei colleghi maschi (4,7 contro 6,2 pubblicazioni annue) e dunque sono sfavorite nei concorsi. Ancora una volta c’entra l’impegno famigliare: le donne pubblicano in media dopo i 40 anni, perché prima sono impegnate a casa.

Qual’ è allora la strada da percorrere perché le risorse femminili non vadano sprecate? Secondo la curatrice del libro sarebbe importante sensibilizzare il mondo politico e continuare a tenere sotto controllo il percorso delle donne. Iniziative politiche al riguardo, comunque, non sono mancate. La direttiva Prodi/Finocchiaro del 1997, per esempio, ha definito un quadro per le iniziative volte alla valorizzazione delle donne e alla loro promozione nella ricerca. E il Cnr, su impulso della Commissione nazionale per le pari opportunità, ha promosso una commissione per la valorizzazione della componente femminile nelle ricerca scientifica e tecnologica. “Un sistema come quello italiano o europeo in cui un terzo del personale non viene considerato come dovrebbe è un sistema che non funziona”, conclude Palomba, “se vogliamo avanzare ed essere competitivi a livello internazionale, tutte le persone che si occupano di ricerca hanno uguale diritto di essere premiate”.

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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