Categorie: Salute

Doctor Plus, la telemedicina che fa risparmiare

Diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e scompenso cardiaco. Tre condizioni croniche, difficili da gestire e che richiedono aderenza costante alle terapie, monitoraggio continuativo e supervisione medica. Condizioni che oltre a gravare sulla vita dei pazienti pesano sulle spalle del Servizio sanitario nazionale, costando in termini di cure e assistenza 18 miliardi di euro l’anno, pari al 13% della spesa sanitaria. Eppure, sia per i pazienti che per le casse del Ssn, l’innovazione digitale potrebbe far molto, grazie al monitoraggio remoto. Come? Attraverso Doctor Plus, un kit di dispositivi medici per permettere ai pazienti cronici di seguire la malattia da casa e inviando i risultati al personale medico. Che Doctor Plus – servizio realizzato da Vree Health, società di MSD Italia che opera nel settore healthcare, presentato oggi a Roma – sia efficace nel ridurre le complicanze della malattia, nel migliorare la qualità di vita dei pazienti e nell’alleggerire anche il carico del Sistema sanitario, è dimostrato dal più completo studio di telemedicina mai realizzato in Italia (e in Europa). Per un anno, spiega Antonio Nicolucci del Laboratorio di Epidemiologia Clinicia della Fondazione Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro, coordinatore dello studio, è stato seguito l’andamento della malattia in circa 300 pazienti con diabete di tipo 2. Per la metà di questi il monitoraggio avveniva secondo le pratiche cliniche tradizionali, per l’altra il monitoraggio era invece in remoto, grazie appunto al kit di Doctor Plus. Ma come funziona e cosa comprende? “Il servizio Doctor Plus”, spiega Gianluca Gala, direttore di Vree Health Italia, “è un sistema per l’automonitoraggio domiciliare di alcuni parametri clinici attraverso l’uso di dispositivi medici certificati”. Dispositivi che, comprendono un glucometro e una bilancia, ma anche un pulsossimetro, un pedometro e uno sfigmomanometro. “Le misurazioni dei valori una volta effettuate”, continua Gala, “vengono inviate in bluetooth a una centralina che raccoglie i dati clinici e li manda a una piattaforma in cloud a cui hanno accesso il medico, lo specialista e la centrale infermieristica, attiva 12 ore su 24, 6 giorni su 7”. Effettuato il monitoraggio, spetta quindi al personale infermieristico smaltire i risultati, interpretarli ed individuare eventuali anomalie. Se queste sono quindi di basso impatto è lo stesso infermiere a intervenire, comunicando col paziente (che sia per un malfunzionamento del sistema o anche solo per accertarsi che i trattamenti siano fatti seguendo la terapia). Nel caso invece in cui si riscontrino anomalie di alto impatto l’infermiere allerta il medico, il quale interviene per seguire il paziente. In ogni caso comunque Doctor Plus non è pensato per sostituire le emergenze, precisa Gala. Nello studio di Nicolucci, i pazienti seguiti il monitoraggio in remoto, hanno mostrato avere un miglior profilo metabolico (con riduzione del 33% dell’emoglobina glicata rispetto ai controlli), sono ricorsi meno alle visite specialistiche e soprattutto hanno riferito una migliore qualità della vita, come emerso dai questionari volti a valutare il benessere psicofisico. Ma se i pazienti, grazie all’innovazione digitale, migliorano, anche il Ssn può trarre benefici dall’adozione nelle aziende sanitarie (pubbliche e private) di un sistema come Doctor Plus (costo? Circa 120 euro al mese per paziente). Infatti, ha spiegato Pierluigi Antonelli, presidente ed Ad di Msd Italia, “Se questo sistema fosse applicato a tutti i pazienti diabetici con co-morbidità in Italia, sovrapponibili a quelli dello studio e pari a circa 1,5 milioni, si potrebbe ottenere un risparmio potenziale superiore a un miliardo di euro”. E questo senza considerare le altre patologie croniche alle quali si indirizza Doctor Plus, scompenso cardiaco e Bpco. Si calcola infatti che siano circa 7,5 milioni le persone in Italia che potrebbero essere gestite in controllo remoto, aumentando la compliance alla terapia e l’autonomia del paziente, e riducendo gli interventi di emergenza e gli eventuali ricoveri ospedalieri. Anche se, conclude Antonelli: “Il problema è che tutto questo grande impegno per mettere a punto un nuovo e più efficiente modello organizzativo imperniato sulla sanità digitale rischia di non avere effetti concreti sulla sostenibilità del sistema se non viene fatto proprio dal Servizio Sanitario a livello nazionale e regionale attraverso l’inserimento nei LEA o una formalizzazione a livello di DRG. Il monitoraggio remotodovrebbe essere considerato dalla Sanità pubblica una prestazione ormai essenziale per la salute dei pazienti cronici e i risparmi delle aziende sanitarie e come tale remunerata”.

Via: Wired.it

Credits immgine: Mike Young/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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