Sla, attacco su più fronti

    Due importanti contribuiti allo studio della sclerosi laterale amiotrofica (Sla) arrivano questa settimana dai laboratori di quattro centri di ricerca statunitensi.

    Il primo è descritto oggi sulle pagine di Science: Kevin Eggan e colleghi dell’Harvard Stem Cell Institute e del Columbia University Medical Center sono riusciti a produrre, per la prima volta, linee di cellule staminali indotte (induced Pluripotent Stem, iPS) a partire dalle cellule della pelle di persone colpite da sclerosi multipla. I ricercatori sono anche riusciti a farle differenziare in neuroni motori, cioè in quelle stesse cellule che vengono distrutte dalla malattia. Non solo la scoperta è importante per l’avanzamento tecnico che rappresenta, ma perché – allo stato dell’arte attuale – non è possibile studiare in vitro i neuroni motori dei pazienti.

    Solo pochi mesi fa abbiamo appreso che è possibile modificare le cellule umane della pelle per riportarle a uno stadio indifferenziato, identico (per quanto ne sappiamo finora) a quello di una staminale embrionale (Ritornare staminali). Ed è fresca di qualche settimana la notizia di una nuova tecnica per ottenere lo stesso risultato, ma con un’efficienza decisamente più elevata (Dejavu staminale). Altrettanto recente anche la scoperta di un composto (Isx-9) capace di dar vita a neuroni a partire dalle cellule staminali indifferenziate (Così le staminali diventano neuroni). La nuova ricerca rappresenta un ulteriore passo avanti: dal momento che le cellule di partenza sono state prelevate dalla pelle di due persone affette da sclerosi multipla, i neuroni ottenuti rappresentano il primo modello umano della malattia in vitro.

    Il processo utilizzato dal gruppo di Eggan per far regredire le cellule allo stadio embrionale si serve di un gene – tra gli altri – che induce la formazione di tumori. Ma le cellule trattate, sottolinea l’autore, serviranno da modello per lo studio della malattia, e non per essere utilizzate in una terapia. Un’idea diversa, quindi, da quella che sta muovendo altre ricerche (molte delle quali italiane), che utilizzano le cellule staminali (non embrionali) per riparare le parti danneggiate o proteggere i neuroni (Futuro staminale; Staminali contro la sclerosi multipla; Staminali sicure per la Sla).

    Il secondo studio, pubblicato su Plos Biology, riguarda il meccanismo responsabile della disfunzione di una proteina, la superossido dismutasi, che causa la rara forma ereditaria della sclerosi (fSla). Una mutazione genetica alla base del malfunzionamento era stata già individuata circa quindici anni fa, e ancora si continuano a fare importanti scoperte sui geni e i meccanismi coinvolti (Nuovi indizi; Due geni per la sclerosi multipla; Sla, nuovi indizi sulle cause). Ma il modo in cui le mutazioni portino poi alla malattia non è stato ancora del tutto compreso. I ricercatori dell’Università di Brandeis e dell’Harvard Medical School hanno ora accertato che la fSla è provocata dalla eccessiva quantità della superossido dismutasi e, soprattutto, dalla sua propensione ad aggregarsi: questa proteina, che di solito è un antiossidante, diviene infatti tossica quando si “ammassa”. Secondo Jeff Agar, che ha guidato la ricerca, questa caratteristica la renderebbe letale per i neuroni anche nella forma non ereditaria di Sla, che interessa tra l’80 e il 90 per cento delle persone colpite dalla malattia. Grandi quantità di superossido dismutasi, riportano gli autori, fanno letteralmente esplodere l’assone, cioè il tratto che trasmette l’impulso elettrico tra le cellule cerebrali.

    Un altro importante contribuito alla comprensione del meccanismo che coinvolge la proteina era stato già fornito dai ricercatori della Fondazione farmocogenomica, in uno studio pubblicato recentemente su Pnas (Ecco come degenera la proteina). Ora si dovrà capire come impedire che il Dottor Jekyll si trasformi in Mister Hyde: cioè come arrestare l’aggregazione di questa molecola proteica.

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