E’ di scena l’anoressia

Ci si sente pesanti pur essendo scheletri. Il cibo diventa un nemico, il peso un’ossessione, il bagno un luogo dove vomitare. E’ l’inferno dell’anoressia. Ma se si riesce a parlarne, a tirar fuori le emozioni, ad amarsi per come si è, e a non badare a quello gli altri si aspettano, allora torna la fame di vivere. Tre donne hanno raccontato questa esperienza in uno spettacolo teatrale, nato da un’iniziativa della Fondazione Aida-Centro di produzione teatrale: si intitola “Briciole”, è tratto dal libro omonimo di Alessandra Arachi, giornalista del Corriere della Sera, per la regia di Rita Riboni e la drammaturgia di Ludovica Marineo. Tre donne accomunate dalla passione per il teatro, ma soprattutto dalla stessa battaglia contro l’anoressia portata avanti vittoriosamente in prima persona. “Non si tratta di uno show teatrale in senso stretto”, afferma Riboni che da sei anni svolge laboratori teatrali con persone anoressiche e bulimiche, “poiché viene svolto nelle scuole superiori, nelle aule magne, nelle palestre, con luci fisse, senza alcuna pretesa artistica”.

La prima di “Briciole” si è tenuta nel novembre scorso presso un istituto superiore di Verona e lo spettacolo, definito dal Ministero della Pubblica Istruzione progetto pilota, è stato poi promosso in numerose scuole della penisola, mentre le testimonianze e i commenti entusiasti dei ragazzi sono stati raccolti nel libro “Il nemico allo specchio”. Ottenuto, infine, il finanziamento dell’Unione Europea, “Briciole” si appresta ora a intraprendere una tournee nelle scuole di Atene, Madrid, e Parigi per arrivare fino in Australia. Ad ogni rappresentazione segue un incontro-dibattito tra gli alunni, gli esperti e le persone che hanno vissuto sulla propria pelle l’anoressia. Lo scopo è ovviamente quello di coinvolgere i giovani e di aiutarli a conoscere meglio se stessi. Da qui “la scelta di portare il teatro nelle scuole, stimolando un approccio tutt’altro che passivo. Le storie raccontate dal cinema restano distaccate dalla realtà, proprio perché si ha la consapevolezza che si tratta di finzione, mentre vedere qualcuno che recita a due passi da te significare avvicinarsi al problema”, spiega Riboni.

Un’iniziativa originale per parlare di un disturbo da sempre affrontato, spesso non adeguatamente, da un punto di vista medico e psicologico. “La teatroterapia utilizza”, continua Riboni, “le tecniche della recitazione, dell’immedesimazione, dell’improvvisazione non per formare attori, bensì per smuovere quei blocchi emotivi che rimangono dentro come macigni, per tirar fuori, attraverso un percorso, il proprio inconscio”. Lo scopo è quello di suscitare nei ragazzi un forte impatto, non tanto e non solo per curare, quanto per prevenire. Da una parte, bisogna condurre chi è già dentro il tunnel verso strutture competenti, non necessariamente mediche. Dall’altra, occorre lavorare sulle famiglie da cui deve partire la prevenzione. “Il problema non è nel mondo esterno, ma nei genitori che, per primi, nutrono precise aspettative nei confronti dei figli. Sono gli occhi di chi ci guarda a essere importanti. Senza dimenticare che, nella genesi della malattia, c’è sempre una componente di violenza subita durante l’infanzia (sessuale, psichica o fisica), un vuoto, l’assenza totale di un punto di riferimento (il venir meno di un genitore o i suoi problemi con la droga, l’alcol, ecc.)”.

La paura di mangiare modifica il comportamento nei riguardi del cibo a tal punto che “la pelle diventa grigia, le mestruazioni scompaiono, si tende ad abusare dell’aceto (per la sua proprietà di bruciare le calorie) e a mostrare molti altri sintomi che non è possibile ignorare”. E se l’anoressia è sempre stata considerata una malattia al femminile, ora anche il sesso forte sembra esserne vittima. “L’uomo”, sostiene la regista, “sta assumendo una sensibilità femminile. Il cibo è la prima cosa che riceviamo da nostra madre, per cui quando il rapporto con lei va in fumo (non solo per la sua assenza, ma anche per la sua eccessiva presenza), il cibo è di nuovo la prima cosa che rifiutiamo”.

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