E’ giusto fermare l’invecchiamento?

Antiossidanti per combattere il danno cellulare prodotto dai radicali liberi. È stata questa per anni la ricetta anti invecchiamento degli scienziati. Ora però una ricerca su Science sembra sconfessare questa certezza e indica un’altra strada: il meccanismo di morte cellulare. In entrambi i casi a fare la differenza è la capacità della cellula di riparare il Dna danneggiato. “Quando le mutazioni o i danni del materiale genetico si accumulano, le cellule importanti muoiono”, spiega Tomas Prolla dell’University del Wisconsin a Madison autore dell’ultimo studio. Quali sono queste cellule così fondamentali? In primis le staminali adulte, essenziali per rimpiazzare quelle che “naturalmente” vengono perse e così garantire la rigenerazione del tessuti, come il midollo osseo, l’intestino o i follicoli piliferi.“Se riuscissimo a fermare la morte cellulare, agendo sulle mutazioni mitocondriali, potremmo pensare di fermare il processo di invecchiamento”, ha commentato Aubrey de Grey, un esperto salito alla ribalta del mondo scientifico grazie alle sue tesi provocatorie di gerontologia. Secondo il ricercatore di Cambridge, infatti, fermare il processo di degenerazione dell’organismo che porta alla morte non solo è possibile ma è anche un imperativo etico: “se è importante combattere la malaria che miete ogni anno milioni di vittime sarà tanto più importante cercare di fermare l’invecchiamento che uccide miliardi di persone”, ha dichiarato a Spoleto il 16 luglio scorso nell’ambito della tavola rotonda “Homo Novus: l’evoluzione della nuova specie” organizzata da SpoletoScienza con il sostegno di Fondazione Sigma Tau.Il primo passo per de Grey sarà quello di realizzare dei topi di laboratorio che vivano magari il doppio di quello che fanno oggi. E poi passare, come nella sperimentazione cliniche, all’essere umano. “Se i finanziamenti saranno adeguati”, ha sottolineato il biogerontologo, “il tempo necessario per questi interventi sarà di una decina di anni. Dopo non possiamo dire con esattezza quanto ci metteremo a passare agli esseri umani ma forse basterà un’altra ventina d’anni”. Tecniche che non saranno certo perfette e che quindi, secondo le sue previsioni, porteranno all’allungamento della vita media di soli 30 anni. Un primo passo verso un prolungamento sempre più cospicuo. Teorie? Non solo. Il ricercatore ha un certo seguito nella comunità scientifica internazionale e sta raccogliendo fondi per finanziare la sua impresa. A oggi la Fondazione Matusalemme da lui presieduta ha già raccolto circa 1 milione e mezzo di dollari con i quali verrà premiato il ricercatore che per primo realizzerà il topo matusalemme. Un visionario? Un ciarlatano? Uno scienziato?“Una persona incosciente e folle”, ha commentato un altro degli invitati alla tavola rotonda, Sherwin Nuland, clinico e bioetico alla Yale University. I freni che pone Nuland all’impresa di de Grey sono sia di natura fisiologica sia morale. “Dal punto di vista dell’organismo umano la visione di de Grey è di tipo ingegneristico: si ripara un elemento e la macchina parte di nuovo. Purtroppo nella medicina le cose non sono così semplici. È vero che si studia solo un meccanismo alla volta, ma poi quando si cura si prende in considerazione tutto l’organismo, il sistema complesso”.Se questo non bastasse, c’è la questione etica a pesare come un macigno. “Allungare all’infinito la nostra vita significa far nascere sempre meno bambini. Per non parlare dei soldi spesi per queste ricerche che potrebbero essere usati per salvare i milioni di bambini che vivono in condizioni disumane. Chi siamo noi per decidere che la nostra vita vale più di quella degli altri?”, tuona Nuland.

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