Festa grande al Cern: per tre giorni a partire da oggi il laboratorio europeo per la fisica delle particelle celebra il Lep (Large Electron Positron Collider), che sta per andare in disarmo dopo undici anni di onorato lavoro. Tanto onorato da aver convinto Luciano Maiani, Direttore generale del Cern, a prorogarne l’attività fino al 2 novembre di quest’anno. Ben due mesi oltre la chiusura programmata, nella speranza di poter finire in bellezza con la scoperta del bosone di Higgs, inseguita per tutti gli oltre 11 anni di vita dell’acceleratore. Infatti, a riaccendere la speranza, e non certo l’entusiasmo che c’è sempre stato, è arrivato un fatto imprevisto. Quest’estate si è voluto tentare l’impossibile: i fasci di particelle che viaggiano nell’acceleratore sono stati spinti a un’energia complessiva di 209 GeV, un massimo mai raggiunto prima, più del doppio dei livelli raggiungibili dal Lep a inizio carriera (attorno ai 90 GeV). A 207 GeV il rivelatore Aleph, ha “fotografato” tre eventi che potrebbero indicare la produzione del bosone di Higgs, mentre Delphi ne ha registrato uno. “Il meccanismo più probabile di produzione del bosone di Higgs all’interno del Lep consiste nell’emissione da una particella Z-0, simile al fotone, ma con una massa 90 volte maggiore di quella di un protone”, spiega Roberto Tenchini dell’Istituto nazionale di fisica nucleare di Pisa e responsabile italiano dell’esperimento Aleph al Cern. Non potendo osservare direttamente il bosone di Higgs, i ricercatori danno la caccia ai fiotti (in gergo “jet”) di particelle che si originano dal suo decadimento. “Nei nostri tre eventi sono stati chiaramente visibili sia i cosiddetti vertici secondari, sia i quattro caratteristici jet. Ciò che riteniamo la “firma” dell’Higgs”, conclude Tenchini, “è che queste caratteristiche sono presenti anche in eventi di fondo che però, secondo le previsioni, sono molto più rari”. (r.l.)
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