E’ l’ora dell’antibrevetto

I partecipanti sono ricercatori che vengono da tutta Europa. Si sono dati appuntamento a Barcellona per le Prime giornate internazionali sui Movimenti Sociali e la Ricerca Attivista dal 23 al 25 gennaio scorsi. Un incontro per riflettere sui movimenti, ma anche su come “mettersi in movimento”, per svolgere un ruolo attivo nella società. Un compito, questo, per il quale le ricerche di tipo tecnico scientifico sembrano possedere strumenti privilegiati. Con premesse di così ampio respiro, non stupisce che gli interventi abbiano spaziato dallo studio dei principi primi della partecipazione politica alle pratiche più quotidiane. Anche perché il convegno è stato organizzato da un’assemblea di realtà diverse – da un centro di ricerche in scienze politiche dell’Università Autonoma di Barcellona a organizzazioni della società civile come Comunalia o il gruppo di ricerca Infoespai – e gli interventi sono stati auto-proposti dai partecipanti attraverso il sito web www.investigaccio.org ((http://www.investigaccio.org))). Una delle proposte più innovative è il progetto Sector (Spazio europeo di cooperazione tecnologica orizzontale), che viene dal collettivo virtuale italiano Laser (Laboratorio scienza epistemologia ricerca). L’idea è quella di estendere la filosofia “free” dal software alla tecnologia in generale, ovvero di procedere dal copyleft, principio antitetico al copyright, all’ “anti-brevetto”. “Lo sviluppo del software libero ha dimostrato che anche senza la spinta del profitto si possono fare cose costruttive”, spiega Andrea Capocci, fisico e membro di Laser, “e forse le si fa in maniera più umana”. Perché, dunque, non allargare il copyleft alla tecnologia? L’Europa potrebbe creare un modello alternativo rispetto a quello statunitense, dove l’imprenditoria scientifica, con i brevetti, mette sotto chiave i risultati della ricerca, rischiando di soffocare la sua stessa sorgente. Ma mentre per il copyleft basta una dichiarazione e il programma informatico può essere diffuso gratuitamente, per l’anti-brevetto bisogna pensare a una formulazione giuridica nuova. Inoltre, è necessario che l’Unione Europea contribuisca finanziariamente ad avviare questo spazio di scambio tecnologico. Nonostante l’eterogeneità che ha caratterizzato le giornate spagnole uno dei temi ricorrenti è stato quello della comunicazione. Tra le proposte più interessanti, la “Digital Destiny Campaign” lanciata dal Center for Digital Democracy, organizzazione no profit di Washington che si batte affinché la comunicazione digitale sia messa al servizio di interessi pubblici, per esempio assicurando la banda larga a un più alto numero di persone possibili. O la campagna della rivista milanese Decoder per la concessione dell’utilizzo della “fibra oscura”, ovvero l’insieme delle fibre ottiche non “accese” che le aziende di telecomunicazioni potrebbero concedere a costo zero a progetti no profit e di utilità sociale. Un contributo interessante viene dall’esperienza di Indymedia, un network di media indipendenti: per evitare che messaggi sessisti, omofobi, razzisti o anti-semiti si impossessino di spazi di discussione pubblica online, ma anche che questi si riempiano di comunicazioni mendaci o ridondanti, Matthew Amison propone di creare un’ “edizione aperta automatica”, grazie alla quale gli utenti possano contribuire non solo ai contenuti, ma anche alla forma del sito web.

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