È meglio promuovere a caso

In questi mesi di polemiche su fannulloni e inefficienze, nel settore pubblico come in quello privato, il risultato ottenuto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Catania suona proprio come una provocazione: per migliorare l’efficienza di un’organizzazione gerarchica la strategia migliore è quella di promuovere ogni volta un impiegato a caso, o di promuovere sempre casualmente il più o il meno competente. La conclusione paradossale, pubblicata sulla rivista Phisica A, serve in realtà a risolvere un altro paradosso famoso nel mondo del management, il “Principio di Peter”.

Il senso comune dice che per essere promossi si deve svolgere il proprio lavoro bene e con competenza. Tuttavia non è detto che, una volta scalata la posizione, si sarà in grado di svolgere altrettanto bene la propria mansione: in molte realtà lavorative, infatti, ciò che si fa a un livello ha poco a che fare con quello che si fa a quello successivo. Questo problema è stato colto alla fine degli anni Sessanta da Laurence J. Peter che lo ha formulato in un principio che porta il suo nome: “In un’organizzazione gerarchica i dipendenti tendono a essere promossi fino al loro livello di incompetenza”, ovvero fino a quando non mostrano più competenze e capacità tali da guadagnarsi un’ulteriore promozione. Secondo Peter infatti le competenze a un livello successivo sono completamente indipendenti da quelle al livello precedente. Con tale sistema di assegnazione delle promozioni, un’azienda avrà presto o tardi molti incompetenti seduti proprio nei posti chiave, e perderà in efficienza.

Per capire come evitare tale sciagura i ricercatori italiani hanno realizzato una simulazione ad agenti su NetLogo, un ambiente virtuale programmabile, disponibile online e disegnato per sviluppare questo tipo di studi. La simulazione prevede due ipotesi: che nell’azienda presa in considerazione la competenza sia indipendente tra i livelli e che quindi, come pensava Peter, si riduce man mano che si sale di livello, oppure che ci sia dipendenza fra le competenze che si devono esercitare a ogni livello e che quindi il suo livello si mantiene costante. In entrambi gli scenari, al momento di promuovere qualcuno, si sono presi in considerazione quattro possibilità: promuovere il migliore (come direbbe il senso comune), promuovere il peggiore, promuovere un dipendente a caso o promuovere alternativamente a caso il migliore o il peggiore. 

Il programma, sulla base di alcuni parametri dati dai ricercatori, ha calcolato automaticamente l’efficienza globale dell’impresa a seconda della promozione effettuata. Secondo i risultati, quando la competenza si mantiene costante è ovviamente meglio promuovere il più competente; strategia che si rivela però disastrosa nel caso in cui la competenza sia indipendente tra i livelli. In questo “mondo” conviene, secondo i calcoli, promuovere il peggiore. “Il risultato più importante – raccontano Alessandro Pluchino, Andrea Rapisarda e Cesare Garofalo – è che in caso di incertezza e quando si valuta solo la competenza a un determinato livello, come avviene in diversi contesti lavorativi, la cosa migliore sembra essere promuovere un dipendente a caso o alternativamente il migliore e il peggiore. Questo dal punto di vista della teoria dei giochi, dove un piccolo guadagno è migliore di un grande rischio”.

“Ovviamente non stiamo suggerendo a tutti di promuovere a caso. Il nostro è un modello estremamente semplificato, nella vita reale la questione è molto più dinamica e complessa. Non esiste un’applicazione immediata di questo modello così com’è”, tengono a precisare gli autori.
“Si tratta di una riflessione quasi una provocazione, su come certi ragionamenti che possono sembrare banali – per esempio il semplice fatto che non è detto che una persona che fa molto bene il suo lavoro sia in grado di farne altrettanto bene un altro – spesso vengano meno in molte situazioni. È come dire: attenzione, riflettete prima di prendere alcune decisioni che sembrano automatiche, esistono anche altre possibilità che possono sembrare paradossali ma che possono anche funzionare”.

Riferimenti: Phisica A doi:10.1016/j.physa.2009.09.04

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