Se ne parla sempre meno. Ma l’epidemia di ebola che ha colpito la Repubblica democratica del Congo non accenna a placarsi. Il virus è tornato a farsi sentire lo scorso agosto, e a oggi ha infettato 743 persone (689 diagnosi accertate e 54 casi sospetti) e provocato in totale 461 decessi, concentrati nelle province di Kivu Nord e Ituri, a un passo dai confini con l’Uganda e il Sudan del Sud. Una situazione resa più complessa dagli scontri tra gruppi di ribelli e forze governative, e caratterizzata da una drammatica novità: l’altissimo numero di pazienti di sessofemminile. Stando all’ultimo rapporto dell’Oganizzazione mondiale della sanità, infatti, quasi due terzi dei casi registrati sono donne, in contrasto con le epidemie del passato in cui il virus aveva sempre colpito egualmente i due sessi. Gli sforzi ovviamente continuano senza sosta, spinti dai progressi terapeutici arrivati con nuovi farmaci e vaccini, che stentano però a dare i risultati sperati per via delle difficilissime condizioni in cui si trovano ad operare istituzioni sanitarie e volontari.
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