Dopo Sierra Leone, Guinea, Liberia e Nigeria, l’epidemia di ebola, la più grande che la storia ricordi, è arrivata anche nella Repubblica Democratica del Congo, lì dove il virus causò la sua prima epidemia nel 1976. Dopo l’annuncio di 13 decessi per febbre emorragica sospetta, è arrivata infatti la conferma della presenza di ebola nel paese, con la positività riscontrata nei test effettuati su due persone.
Il ministro della salute Felix Numbi, riferisce la Bbc, ha però fatto sapere che le morti sono avvenute in un’area isolata, che è già stata allestita una zona quarantena, e che il ceppo di virus identificato sembrerebbe diverso da quello che si è diffuso nell’Africa occidentale.
Nell’ultimo bollettino rilasciato dall’Oms (non ancora aggiornato con i casi del Congo) le morti nel frattempo sono salite a 1427 e i casi di infezione a 2615, per la malattia ancora senza cura (sebbene alcune, deboli speranze, sembrino arrivare dai farmaci sperimentali, che potrebbero aver aiutato – condizionale d’obbligo, secondo gli esperti – a guarire i due americani infettati che hanno ricevuto il Zmapp).
Contro ebola, oltre che con la corsa ai farmaci, al momento si combatte con la prevenzione e con la diagnosi precoce. A poco servono le chiusure delle frontiere, secondo l’Oms, tra le misure adottate già da alcuni paesi africani. Quel che potrebbe aiutare, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è l’assistenza sanitaria, l’identificazione precoce delle persone infettate dal virus e nuovi laboratori. In questa direzione sembra andare anche la dura legge proposta dal parlamento della Sierra Leone, che, se approvata dal presidente, potrebbe punire con fino a due anni di prigione chiunque nascondesse casi di pazienti colpiti da ebola.
Via: Wired.it
Credits immagine: European Commission DG ECHO/Flickr
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