Un semplice sistema di conversione delle unità di peso favorì i commerci tra il bacino del Mediterraneo e il Medio Oriente nell’età del Bronzo (tra il 2500 e il 1500 a.C.). In particolare, permise una fiorente attività di import-export di lapislazuli, oro, argento e di oggetti d’artigianato in una vasta area che si estendeva dall’Egitto alla Valle dell’Indo. A rivelarlo è stato un testo mesopotamico del 1.800 a.C., una sorta di “stele di Rosetta” delle unità di peso dell’epoca, interpretato da Alfredo Mederos dell’Università Complutense di Madrid e Clifford Lamberg-Karlovsky dell’Università di Harward. Lo studio, pubblicato su Nature, svela l’esistenza di un sistema basato su multipli di due o di cinque, per convertire il dilmun, usato nella penisola arabica, nell’ur babilonese. Ma non solo. Con semplici calcoli era possibile ottenere l’unità di misura adottata in tutti gli altri paesi. I ‘pesi’ erano delle pietre decorate che per i persiani, i babilonesi e gli egiziani avevano però un valore diverso. E così un lingotto in viaggio dalla Valle dell’Indo all’Egeo attraversava tutti i sistemi di misura allora esistenti, passando dal talento siriano, al dilmun arabo, all’ur babilonese, per finire al kdt egiziano. (g.d.o.)