Categorie: Fisica e Matematica

Elettroni a pezzi

Chi studia la fisica è solito presentare gli elettroni come particelle elementari, indivisibili. Eppure, qualcuno direbbe che non è esattamente così. Secondo la meccanica quantistica, quando sono in gruppo e in determinate condizioni, è infatti possibile frantumarli in diversi costituenti, che però non sono vere e proprie particelle. Questi bizzarri oggetti, a metà tra singole entità fisiche e una nube indistinta di elementi, erano ritenuti solo di due tipi, gli holoni e gli spinoni. Fino a quando è stata osservata in Svizzera una terza quasi particella, mai vista prima: l’orbitone. Questo il nome datole dai ricercatori del  Paul Scherrer Institute che l’hanno scoperta e descritta sulle pagine di Nature

Gli elettroni hanno numerose proprietà, tra cui quella di essere impossibili da dividere in più parti se considerati uno alla volta. Secondo la fisica dei quanti, però, la situazione cambia se sono in gruppo: un singolo elemento non può essere spezzettato, ma se ne vengono confinati molti in uno spazio ristretto (e con determinate caratteristiche) può verificarsi una sorta di frazionamento, che riguarda le loro proprietà (e che non c’entra con la carica frazionaria). 

Questo succede per via di alcuni problemi di mobilità: carichi negativamente, gli elettroni tendono a respingersi, dunque quando si trovano all’interno di un cavo elettrico o sulla superficie di un solido – legati agli atomi che lo compongono – devono trovare il modo di viaggiare insieme evitando di avvicinarsi troppo l’uno all’altro. In condizioni normali non incontrano difficoltà ma se, per esempio, il filo in cui viaggiano ha dimensioni molto piccole e la temperatura si avvicina allo zero assoluto, la situazione si complica. 

Così, in quelle particolari condizioni, accade che gli elettroni si separino per risolvere il problema. Non in diverse particelle però, bensì in quasiparticelle capaci di affiancarsi l’un l’altra anche in ambienti molto affollati, perché ciascuna di esse mantiene solo alcune delle caratteristiche dell’elettrone di partenza. 

Il concetto di quasiparticella – bisogna ammetterlo – è tutt’altro che intuitivo: gli scienziati la descrivono come un’entità collettiva, insieme dell’elemento e della circostante nuvola di altri pezzetti uguali ad esso. Una sorta di nubi di costituenti che si comportano come particelle ma che in realtà non lo sono e che, a seconda della loro natura, viaggiano a velocità diverse. 

Finora era stato osservato solo come gli elettroni si separassero negli holoni, che conservano la carica, e negli spinoni, cui rimane lo spin, un valore che indica in che modo una particella ruoti intorno al suo baricentro. Ma al puzzle mancava ancora un tassello. Quando si trovano legati agli atomi infatti, gli elettroni posseggono anche il momento angolare, che definisce in che modo orbitano intorno al nucleo. Ed è proprio la quasiparticella che mantiene questa proprietà ad essere stata trovata dagli scienziati svizzeri. 

I ricercatori l’hanno osservata su una catena unidimensionale di elementi di ossido di zinco, in una particolare classe di materiali, chiamati isolanti di Mott. Grazie ai passi in avanti in una tecnica di spettroscopia dal nome complicato – Resonant Inelastic X-ray Scattering ad alta risoluzione  – i ricercatori hanno osservato dividersi dagli spinoni questa nuova entità, legata proprio al momento angolare e per questo chiamata orbitone

La scoperta, oltre a essere un avanzamento nella comprensione della fisica della materia, potrebbe in futuro essere utile nel campo della microelettronica. “Quando il diametro delle connessioni diventerà di dimensioni atomiche, effetti come questo diventeranno importanti”, ha spiegato Ralph Claessen, fisico dell’Università di Würzburg, in Germania, nel commento alla ricerca apparso sempre su Nature. “Tuttavia – ha concluso il ricercatore – non è chiaro se questa proprietà degli elettroni di dividersi in quasiparticelle potrà essere sfruttata per lo sviluppo di computer quantistici o dalla nuova branca di elettronica dello spin”.

via wired.it

Credit immagine a Billy and Lynn / Flickr

Laura Berardi

Dopo essersi laureata in fisica presso Sapienza Università di Roma con una tesi in Meccanica quantistica, ha deciso di dedicarsi alla comunicazione scientifica: ha frequentato il Master SGP e si è diplomata nel 2011 con una dissertazione su scienza e mass media, nello specifico sul tema della procreazione medicalmente assistita. Oggi è redattrice scientifica a Quotidiano Sanità, collabora con Galileo e Sapere e scrive per Wired.

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