Epidemica felicità

La felicità è contagiosa e il contagio è inversamente proporzionale alla distanza – misurata in metri – tra le persone. La relazione è matematica: se un nostro amico si sente felice, la probabilità di esserlo a nostra volta aumenta. Di quanto? Come per la probabilità di contagio delle malattie virali, si può fare una stima: del 42 per cento se vive a meno di un chilometro di distanza, del 22 per cento si trova a meno di tre.

La dimostrazione del “teorema della felicità” è pubblicata sulla prestigiosa rivista British Medical Journal a firma di Nicholas Christakis della Medical School di Harvard e da James Fowler, sociologo dell’Università della California (San Diego). E anche volendo prendere i numeri con il beneficio del dubbio, l’esistenza della relazione salta agli occhi. I ricercatori hanno trasformato in un grafico il grado di felicità di oltre cinquemila persone tra i 21 e i 70 anni (rappresentati da puntini colorati) e la loro distanza fisica (rappresentata da linee). I partecipanti sono stati seguiti tenendo conto di alcuni elementi cruciali del loro contesto sociale, come le relazioni di parentela, amicizia e di lavoro.

Il grafico mostra che la felicità si comporta come un’epidemia, trasmettendosi tra le persone fisicamente più vicine. La relazione non vale infatti se la vicinanza è virtuale. Altra eccezione è rappresentata dai colleghi di lavoro: “I risultati suggeriscono che il grado di felicità trasmesso da una persona e un’altra sia determinato dalla qualità delle interazioni sociali”.

Un’ipotesi che potrebbe spiegare il meccanismo alla base del “contagio” chiama in causa i neuroni specchio, descritti per la prima volta nel 1996 dal gruppo di Giacomo Rizzolatti dell’Università di Parma. Si tratta di particolari cellule nervose della corteccia ventrale premotoria che hanno un ruolo chiave sia nell’apprendimento dei movimenti per imitazione, sia nelle interazioni sociali, perché ci permettono di provare empatia e di interpretare le azioni altrui (vedi Galileo). (ga.c.)

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