ET a Trieste

I più agguerriti cacciatori di Extraterrestri si sono dati appuntamento in Italia. Ma non si tratta di cultori della fantascienza che trascorrono le loro giornate scrutando il cielo nella speranza di vedere un Ufo, o di cosmonauti che pattugliano il Sistema solare con le loro astronavi. Sono invece ricercatori che lavorano in laboratori di biologia per analizzare campioni di materiale venuti dallo spazio in cerca di segni di vita. E usano antenne gigantesche per captare eventuali trasmissioni provenienti da altri mondi.

Insomma la ricerca di vita extraterrestre ha da qualche anno abbandonato la fantascienza per approdare nel pragmatico mondo accademico. Tant’è vero che i risultati delle ricerche condotte sinora saranno presentati in un convegno sulla vita extraterrestre che si terrà presso il Centro Internazionale di Fisica Teorica (Ictp). Dal 22 al 26 settembre biologi e astrofisici di tutto il mondo cercheranno di rispondere a interrogativi che gli esseri umani di ogni epoca si sono posti. La vita esiste solo sulla Terra? E se c’è altrove, è possibile che si sia evoluta fino a dare origine a civiltà come la nostra? Sarà mai possibile entrare in contatto con esseri intelligenti distanti da noi centinaia di anni luce?

C’è chi ci sta provando, come Frank Drake e Jill Tarter, che a Trieste riferiranno i progressi di Seti (il programma americano per la ricerca di intelligenze extraterrestri). Oppure chi, come l’astrofisico e scrittore britannico Paul Davies, anche lui presente al convegno, ha già dato risposte (parziali) in libri di successo. O anche chi, scoprendo pianeti extrasolari come ha fatto Michel Mayor, ha aperto nuove prospettive.

Ma perché tanta attenzione del mondo scientifico per la vita nel cosmo. Forse perché ora, come mai nel passato, la tecnologia offre strumenti raffinati a chi cerca la vita al di la della Terra. Centinaia di orecchie elettroniche sono tese, pronte a ricevere dallo spazio profondo anche il più flebile vagito di civiltà. E un frammento di pietra marziana piovuto sulla Terra migliaia di anni fa può essere “sezionato” fino a evidenziare formazioni che assomigliano tanto a batteri fossili.

Forse a Trieste si parlerà anche di un altro meteorite, quello che questa occupa alcune pagine della rivista Nature. Si chiama Murchison e piombò in Australia nel 1969. Ora due ricercatori delle Università di Virginia e Oklaoma sostengono che sul meteorite ci sono degli amminoacidi, gli elementi fondamentali della materia vivente, formatisi nello spazio. Non solo, anche gli amminoacidi trovati su Murchison, come quelli terrestri, avrebbero nella maggior parte dei casi una forma che meglio di altre si adatta alla vita. Come dire: alcune delle informazioni necessarie alla nascita della vita sulla Terra sarebbero piovute dallo spazio.

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