Spazio

Da quanto esiste l’Universo? Atacama dice l’ultima parola

Quanto è vecchio il nostro Universo? La risposta del modello cosmologico standard è che tutto ha avuto inizio 13,8 miliardi di anni fa con il Big Bang. Ma negli ultimi anni diverse ricerche hanno suggerito che in realtà l’Universo potrebbe essere ben più giovane di così, perché sarebbe in espansione ad una velocità più alta di quanto ritenuto in precedenza, e questo ovviamente modificherebbe le stime sulla sua età. Le recenti analisi dell’Atacama Cosmology Telescope potrebbero mettere la parola fine alla discussione, visto che, come descritto in tre paper in attesa di pubblicazione, confermano quasi perfettamente le previsione del modello standard.


L’Universo si sta espandendo molto più velocemente di quanto credevamo?

Una nuova misura per la velocità di espansione dell’Universo


L’Atacama Cosmology Telescope è un telescopio di sei metri costruito nell’omonimo deserto messicano da una collaborazione scientifica internazionale, con uno scopo molto preciso: studiare la radiazione cosmica di fondo. Ovvero la radiazione elettromagnetica che permea l’Universo, considerata ciò che resta della prima luce apparsa dopo il Big Bang, quando (circa 380mila anni dopo la nascita dell’Universo) protoni ed elettroni hanno iniziato ad unirsi per formare i primi atomi. Una fonte di informazioni preziose per gli astrofisici, che può fornire indizi sulla nascita, sulla natura, e sulla fine del nostro Universo.

Quello che stiamo facendo è restaurare le foto dell’infanzia dell’Universo alle loro condizioni originarie, eliminando il logorio del tempo e dello spazio che ha distorto queste immagini”, spiega Neelima Sehgal, astrofisico della Stony Brook University. “Solo osservando le più accurate foto d’infanzia dell’Universo possiamo scoprire con precisione come è nato”.

Non solo come, ovviamente, ma anche quando. Le osservazioni di Sehgal e del suo team hanno permesso infatti di calcolare con precisione l’età dell’Universo, ottenendo un risultato in linea con quello previsto dal modello standard, e con i dati raccolti dal satellite Plank dell’Esa, anche questo dedicato allo studio della radiazione cosmica di fondo. “Ora sappiamo che Plank e l’Atacama Cosmology Telescope hanno ottenuto lo stesso risultato”, sottolinea Simone Aiola, ricercatore del Flatiron Institute’s Center for Computational Astrophysics di New York City e primo autore di uno dei nuovi studi. “E questo ci dice che queste difficilissime misurazioni danno risultati affidabili”.


Com’è fatto l’Universo secondo la missione Planck


Le analisi che suggeriscono un’età più giovane per l’Universo, a differenza di quelle dell’Atacama Cosmology Telescope si basano sull’osservazione dei movimenti delle galassie, e in particolare sul calcolo della velocità di espansione dell’Universo, o meglio della costante di Hubble, un valore che mette in relazione velocità con cui le galassie si allontanano e la distanza a cui si trovano.

Conoscendo la costante di Hubble, è possibile stabilire da quanto tempo l’Universo ha iniziato ad espandersi, e quindi risalire alla sua età. Le ricerche effettuate studiando i movimenti delle galassie hanno identificato un valore per la costante di Hubble superiore ai 74 chilometri al secondo per megaparsec (la costante esprime una velocità divisa per una distanza). Un valore che renderebbe l’Universo ben più giovane di quanto ipotizzato dal modello standard.

Secondo i calcoli dell’Atacama Cosmology Telescope la costante di Hubble sarebbe pari invece a 67,6 chilometri al secondo per megaparsec. Un valore in linea con i 13,8 miliardi di anni ipotizzato dal modello standard, e soprattutto, pressoché identico a quello stimato dal satellite Plank, pari a 67,4 chilometri al secondo per megaparsec. E anche in questo caso, la somiglianza tra i due risultati è un motivo in più per ritenerli affidabili.

Via Wired

Leggi anche: Fisica quantistica: un nuovo metodo per misurare l’Universo

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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