Com’è fatto l’Universo secondo la missione Planck

(Crediti: PLanck/CMB. ESA and the Planck Collaboration)

A cinque anni di distanza dalla storica prima fotografia a microonde del cosmo, il consorzio Planck ha appena rilasciato la versione definitiva dei dati raccolti dall’omonimo telescopio spaziale, che confermano e anzi rafforzano la validità del modello cosmologico standard. Anche se con alcune variazioni, materia e energia oscure, di cui ancora resta da scoprire la natura.

Planck

La missione Planck dell’Esa ha avuto inizio del 2009 con il lancio dell’omonimo telescopio spaziale. Lo strumento era stato appositamente progettato per catturare la radiazione cosmica di fondo, ossia le microonde emesse solo 380mila anni dopo il Big Bang, quando l’Universo appena nato era solo una zuppa bollente e densa di protoni, elettroni e fotoni che iniziavano a interagire formando atomi di idrogeno. Vedere le microonde, ma soprattutto essere in grado di captarne le fluttuazioni, avrebbe fornito una fotografia dell’Universo, a partire dalla quale determinarne la composizione e l’evoluzione dalla sua nascita a oggi.

Questo è esattamente il lavoro fatto da Planck, che ha dato modo agli scienziati di confermare il modello cosmologico standard, la teoria fisica che descrive le forze fondamentali che hanno dato origine all’Universo. “Questa è l’eredità più importante di Planck”, ha commentato Jan Tauber dell’Esa. “Finora il modello standard della cosmologia è sopravvissuto a tutti i test, e Planck ha fatto le misurazioni che lo dimostrano”.

Un Universo quasi perfetto

Planck ha dunque restituito l’immagine di un Universo quasi perfetto. Sì, quasi: i nuovi dati (disponibili in una serie di articoli sul sito dell’Esa) infatti confermano e rafforzano come la missione abbia raggiunto livelli di sensibilità e di risoluzione tali da mettere in luce anche le anomalie tra le osservazioni sperimentali e la teoria. Discrepanze che per essere riconciliate hanno richiesto l’introduzione all’interno del modello standard di due componenti di cui non abbiamo nessuna evidenza diretta: la materia oscura e l’energia oscura.

Entrambe sono state ipotizzate per spiegare alcuni fenomeni astronomici che altrimenti non avrebbero trovato giustificazione nel modello standard basato sulla relatività generale di Einstein. Senza mettere in campo l’ipotesi per cui parte della materia del cosmo sia oscura (cioè non si manifesti interagendo con la luce come la materia ordinaria) non si spiegherebbe la velocità di rotazione esterna delle galassie. La natura della materia oscura rimane però tutt’oggi oggetto di speculazione.

E ancora meno si sa dell’energia oscura, la cui esistenza viene supposta per spiegare l’accelerazione nell’espansione dell’Universo, osservata sperimentalmente alla fine degli anni ‘90. Benché gli esperti ritengano possa rappresentare il 70% dell’energia dell’Universo, non se ne sa praticamente nulla.

Ricerche future

Oltre a lasciare aperta la domanda su cosa siano davvero materia e energia oscure (un punto che costituisce un serio problema per la cosmologia), le informazioni di Planck mettono altra carne al fuoco per gli scienziati: se si confrontano i dati di Planck con quelli del telescopio spaziale Hubble, infatti, il tasso di espansione dell’Universo differisce di alcuni punti percentuali. Perché? Altre missioni sono pronte a partire in cerca di risposte.

Via Wired.it

Aggiornamemnto: L’Universo ha 13,8 miliardi di anni: nuovi dati confermano il modello standard

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