Nonostante la recente sentenza della Cassazione, per le coppie italiane che vorrebbero ricorrere alla fecondazione eterologa, cioè con ovociti o seme di donatori, la strada continuerà a essere in salita. Il documento passato alla Conferenza Stato-Regioni, e adottato da tutte queste ultime, prevede infatti alcuni paletti che renderanno assai complicato l’iter in Italia. “Nelle linee di attuazione sono stati inseriti alcuni criteri che di fatto rallenteranno di molto, quando non bloccheranno, la ricerca dei potenziali donatori”, ha spiegato oggi Andrea Borini, presidente della Società Italiana di Fertilità e Sterilità (SIFES) a margine del simposio internazionale di Tecnobios Procreazione.
Il primo paletto riguarda la donazione di ovociti. Le donne che vorranno sottoporsi alla stimolazione per poi donare i propri ovociti alle coppie che ne hanno bisogno, dovranno infatti fare un tampone vaginale che certifichi l’assenza di infezioni vaginali, come Candida, Chlamydia, Mycoplasma e simili. Un percorso che nessun altro paese europeo prevede, così come non lo prevedono le tecniche di fecondazione omologa. Di fatto, quindi, continua Borini, non si potranno usare quelle migliaia di ovociti congelati nelle banche dei centri di Procreazione medicalmente assistita provenienti da coppie consenzienti. Non solo: al momento la richiesta di tampone prima della donazione taglia alla radice anche l’importazione.
Dal punto di vista scientifico, continua il ginecologo, non esiste alcun motivo per cui una donatrice debba essere sottoposta a questo screening. Il prelievo degli ovociti, infatti, non viene in alcun modo alterato o reso più rischioso per la salute delle due donne, donatrice e ricevente, anche in caso di infezione.
Il secondo paletto riguarda invece la qualità del seme dei donatori. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stabilisce come soglia di “normalità” la presenza di 15-20 milioni di spermatozoi per millilitro di eiaculato. La Conferenza ha invece stabilito che i donatori dovranno garantire una concentrazione non inferiore a 75 milioni per millilitro. “Anche in questo caso non si comprende il senso scientifico di questa richiesta”, continua Borini, “che certamente taglierà fuori molti potenziali donatori, non ultimi proprio i partner maschili delle coppie che giungono ai centri di Pma per sottoporsi all’iter di fecondazione assistita, e che sono certamente più sensibili alla cultura del dono in questo ambito. Basterebbe raggiungere il 25esimo percentile per assicurare una buona riuscita della fecondazione. L’Italia ha invece deciso che solo i Superman potranno diventare donatori di seme”.
Infine, la spinosa questione della gratuità del dono. Nei paesi in cui la donazione di gameti è ammessa è previsto un rimborso spese, sia per l’uomo (in Spagna sono circa 50 euro per le ore di lavoro perse) che per la donna: qui la cifra è più elevata essendo più lungo e complesso l’iter di donazione di ovociti. In Spagna si tratta di circa 1000 euro. Negli Stati Uniti, addirittura, il rimborso per una donatrice non può essere inferiore ai 3500 dollari. In Italia, invece, soltanto gli impiegati nel settore pubblico avranno diritto al corrispettivo di una giornata di lavoro. I precari o i dipendenti del settore privato non avranno alcun tipo di rimborso.
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