Exxon Valdez, 25 anni dopo il disastro

Come ci ha ricordato solo pochi anni fa il drammatico incidente sullaDeepWater Horizon, i disastri petroliferi, purtroppo, rimangono un problema più che mai attuale. Se quello che ha colpito il golfo del Messico è stato il più grave disastro ambientale della storia americana, il più famoso invece rimane probabilmente quello della Exxon Valdez, la petroliera della ExxonMobil incagliatasi su una scogliera dello stretto di Prince William, in Alaska, il 24 marzo 1989.

La nave era una superpetroliera a scafo singolo lunga oltre 300 metri, capace di trasportare un milione e mezzo di barili di petrolio. Il giorno dell’incidente aveva deviato dalle normali rotte commerciali, a causa di alcuni piccoli iceberg incontrati all’imbocco dello stretto. Nonostante si trovasse a navigare in acque pericolose, la sera del 24 il capitano Joseph Hazelwoodabbandonò la cabina di comando, lasciando la nave nelle mani del terzo ufficiale e di un membro dell’equipaggio. A causa di una serie di errori nella catena di comando, e di un monitoraggio insufficiente della navigazione, intorno alla mezzanotte la nave effettuò una virata troppo lentamente, incagliandosi nella scogliera dello stretto, e disperdendo in mare buona parte del suo carico: quasi 50 milioni di litri di petrolio.

Nel processo che seguì emerse in pieno la responsabilità del capitano: Hazelwood prima della collisione aveva bevuto diversi bicchieri di vodka, e le sue capacità di giudizio erano quindi offuscate a causa dell’alcol. Gli uomini che aveva lasciato alla guida della nave inoltre non avevano completato il turno di riposo obbligatorio di sei ore previsto prima di intraprendere un periodo di vedetta, e non erano quindi in condizione di rispondere adeguatamente all’emergenza.

In seguito all’incidente, la ExxonMobil mise in piedi quella che all’epoca era la più costosa operazione di bonifica ambientale mai realizzata: due miliardi di dollari furono spesi per pulire gli oltre 1.900 chilometri di costa inquinati dal petrolio della nave. Ma non fu abbastanza. L’impatto ambientale del disastro infatti è stato tra i peggiori della storia.

La stretto di Prince William ospitava un ricco ecosistema marino, composto prevalentemente di piccoli anfratti e scogliere. È in queste insenature che andò ad accumularsi la maggior parte del petrolio, distruggendo gli habitat delle specie acquatiche che vi abitavano, e inquinando i luoghi di nidificazione di moltissimi uccelli. Le statistiche oggi ci dicono che a seguito dell’incidente morirono oltre mezzo milione di uccelli marini, circa mille lontre,300 foche, 250 aquile calve e 22 orche, oltre a milioni di pesci trasalmoni e sardine.

A 25 anni dall’incidente della Exxon Valdez, quali sono le conseguenze ambientali del disastro? Sul tema la comunità scientifica sembra dividersi. Uno studio del 2007 dellaNational Oceanic and Atmosferic Administration ha stimato infatti che circa 98mila litri di petrolio contaminino ancora le coste della zona, e da analisi svolte nel 2013 è emerso che la popolazione di lontre locale mostra ancora i segni di un possibile avvelenamento da idrocarburi. Altri studi però indicherebbero che le sostanze inquinanti sono ormai localizzate unicamente in zone poco frequentate, e non rappresenterebbero quindi più un pericolo per la fauna locale.

Sul piano legale, a pagare è stata principalmente la Exxon Mobil, costretta a versare un risarcimento di oltre un miliardo di dollari. Nonostante sia stato ritenuto il principale responsabile dell’incidente, il capitano Hazelwood invece se l’è cavata con poco: una sospensione dal servizio, 50mila dollari di multa, e 1.000 ore di servizi sociali, da scontare ovviamente sulla terra ferma.

Via: Wired.it

Credits immagine: ARLIS Reference/Flickr

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