Farmaci nel carrello

Pasta, pelati e aspirina. Così potrebbe comporsi il carrello degli italiani se fosse possibile acquistare al supermercato i medicinali di automedicazione, quelli cioè che per cui non serve la ricetta medica. Così vorrebbe la Coop, che dallo scorso lunedì 9 gennaio ha iniziato la raccolta di firme in favore della legge di iniziativa popolare che a questo proposito ha promosso. Secondo la proposta diventerebbe possibile la vendita dei farmaci non soggetti a ricetta medica negli esercizi della grande distribuzione; vendita che sarebbe però confinata in “corner” separati dagli altri reparti e in cui sarebbe obbligatoria la presenza di un farmacista iscritto all’ordine. Infine, il supermercato sarebbe libero di stabilire l’entità degli sconti sul singolo farmaco ma sarebbe proibito applicare promozioni tipo “3 per 2”. Risultato: secondo la Coop, un risparmio per i cittadini che oscilla a seconda della specialità fra il 20 e il 50 per cento rispetto ai prezzi attuali. La questione del prezzo dei farmaci è ormai annosa. Un accordo del dicembre scorso, arrivato a sette mesi dal decreto del ministro della Salute Francesco Storace, impegna i farmacisti a fare quanto stabilito dalla misura ministeriale appunto promulgata nel maggio dello scorso anno. E cioè: i farmacisti che lo ritengono opportuno possono applicare lo sconto fino al 20 per cento sui farmaci senza obbligo di prescrizione (Sop) e da banco (Otc, Over The Counter), tutti invece dovranno apporre dei cartelli che indichino in maniera chiara la percentuale unica, oppure le due percentuali (se distinte tra Sop e Otc) di sconto praticato, e si impegnano a proporre sempre la sostituzione dei medicinali prescritti con ricetta con equivalenti meno costosi. Cosa hanno ottenuto i farmacisti in cambio della loro disponibilità? La netta opposizione di Storace alla vendita dei farmaci di automedicazione nei supermercati. Perché tornare dopo sette mesi su quanto già stabilito in un decreto? Perché da maggio a dicembre le farmacie hanno fatto poco o niente per mettere in atto le richieste ministeriali, come dimostrano i dati raccolti da Cittadinanzattiva: solo l’11 per cento delle farmacie applicava gli sconti previsti mentre il 77 per cento faceva sconti di varia entità e differenziati a seconda dei prodotti. “Non ci interessa parlare male dei farmacisti o delle farmacie, vogliamo solo che riacquistino il loro ruolo di avamposto sanitario e assomiglino meno a dei supermercati”, afferma Teresa Petrangolini di Cittadinanzattiva. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, che sul dossier Coop sui prezzi dei farmaci scrive: “L’idea che i farmaci da banco debbano rimanere in un luogo adatto e questo sia la farmacia contrasta con il fatto che da molti anni una significativa percentuale di farmacie è diventata una specie di bazar dove si trova di tutto: dagli zoccoli agli occhiali, dai cosmetici ai dimagranti”.I farmacisti si difendono su diversi fronti: prima di tutto su quello della spesa sanitaria, cioè sulla questione prezzi. Se questo è il problema, dicono, allora va affrontato a monte, quando si concordando i prezzi con i produttori e non lasciandoli liberi di decidere il prezzo finale (al momento è possibile sui farmaci di fascia C, a cui appartengono quelli di automedicazione). Storace da parte sua ha ottenuto il blocco del prezzo di questi farmaci fino al gennaio 2007, prezzo che potrà essere ritoccato ogni gennaio degli anni dispari, misura però non sufficiente per Federfarma. Un altro problema sollevato è quello dell’abuso: chi controllerà quanti e quali farmaci comprerà il cittadino al supermercato? Il farmacista, rispondono quelli della Coop. L’articolo 3 della loro proposta, infatti, cita espressamente l’obbligatorietà della presenza di un farmacista all’interno del supermarket. E non si capisce perché il professionista dovrebbe essere “parsimonioso” quando opera nelle farmacie ma potrebbe diventare “consumista” quando opera in un supermercato, come ha sottolineato ancora Garattini. Ma oltre che la salute dei cittadini e il loro risparmio è evidente che questa è una battaglia che ha come oggetto interessi economici. “Le catene di distribuzione potrebbero iniziare a produrre le loro specialità di automedicazione”, spiega Teresa Petrangolini di Cittadinanzattiva. “L’aspirina a marchio Coop, per esempio, potrebbe costare ancora meno di quella generica”. Aumentare il giro d’affari e i servizi offerti e allo stesso tempo garantire un abbassamento dei prezzi: un’operazione che frutterebbe ai supermercati davvero molto. In Gran Bretagna, dopo quattro anni di liberalizzazione parziale si è ottenuta una riduzione media dei prezzi dei farmaci che si aggira intorno al 30 per cento. Il prezzo di una compressa di aspirina effervescente nei supermercati inglesi è di 0,14 centesimi di euro, mentre in Italia è pari a 0,20; un’unità di dose di Voltaren, pomata antinfiammatoria, in Italia costa 0,16 eurocent, nella grande distribuzione inglese 0,11.

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