A VOLTE anche le migliori intenzioni non producono un risultato ottimale. È quello che è successo con la legislazione per i farmaci orfani, pensati per malattie rare o rarissime che, a causa dell’esiguità della popolazione colpita, non rappresentano un mercato appetibile per le aziende. Perché sviluppare un farmaco costa molto e Big Pharma non è una charity. Per promuovere la ricerca di soluzioni, allora, si è pensato di dare incentivi e vantaggi alle aziende che decidono di investire in questo campo: i primi sono stati gli Usa, nel 1983, seguiti da Giappone e Unione Europea. Le leggi per i cosiddetti farmaci orfani hanno permesso di ottenere risultati insperati per chi soffre di fibrosi cistica, malattia di Fabry, Gaucher e Pompe, chi ha deficit enzimatici rari, o tumori come il mieloma multiplo. Dal 2000 a oggi sono state presentate 2713 domande, 1827 hanno passato il primo esame e le molecole sono state designate come orfane, ma solo 126 sono diventati farmaci disponibili in Europa. “Una normativa efficace, anche se migliorabile – spiega Armando Magrelli, delegato italiano presso il Comitato per i prodotti medicinali orfani – soprattutto nella fase di controllo post marketing”.
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