Categorie: Società

Fattore biologia

Dalle scienze cognitive all’intelligenza artificiale, dalla biosemiotica alla sociobiologia. Discipline diverse ma con un minimo comun denominatore: le scienze biologiche, oggi sempre più intimamente intrecciate a questioni economiche, sociali, politiche e morali. Che non sia più possibile parlare di biologia in modo distinto dalle altre discipline è la convinzione che ha spinto l’International Society for the History, Philosophy and Social Studies of Biology e l’Istituto Internazionale Konrad Lorenz per le Scienze Cognitive a riunire a Vienna storici, filosofi e scienziati di varie discipline. Nel tentativo di fornire una visione più organica del pensiero scientifico moderno, la conferenza, che si è svolta dal 16 al 20 luglio scorsi, ha voluto esaminare i nuovi significati, le prospettive e le sfide per il futuro della biologia contemporanea.Prendiamo la genetica, per esempio, e riflettiamo sull’evoluzione della parola “gene” in questi ultimi cinquant’anni, dalla scoperta della struttura a elica del Dna alla completa decodificazione del genoma umano. Se prima un gene era semplicemente un segmento di Dna, oggi l’accezione è molto più ampia: sappiamo quanti e quali geni regolano alcune delle funzioni del corpo umano e animale e ne conosciamo la localizzazione all’interno del “bosco” dei cromosomi. Si è passati da una semplice serie di dati biochimici a un’entità semantica. Nuovi significati, dunque, e nuove interpretazioni alla luce delle conoscenze acquisite. È stato dimostrato per esempio che la “distanza fisica” che frapponiamo fra noi e gli altri in un luogo pubblico affollato, quali un autobus, una piazza, un treno, ecc., è sì frutto di un’eredità culturale, ma al tempo stesso è anche espressione del corredo genetico. È inevitabile che la nozione di fatti come questi abbiano ripercussioni sociobiologiche, ovvero in quel campo che studia sistematicamente su basi biologiche tutti i comportamenti sociali. Che significato dare dunque a certi comportamenti? È forse plausibile sostenere che si tratti di un semplice scambio di informazioni biochimiche? Una possibile risposta viene dalla biosemiotica, uno dei temi più discussi al congresso: essa parte dal presupposto che ogni fenomeno biologico, a partire dai suoi elementi costituitivi, sua ricco di significati che si esprimono mediante “segnali”, contrapponendosi così a una visione puramente meccanicistica dei fenomeni. Dalle reazioni molecolari alle interazioni cellulari, tutte le comunicazioni “biologiche” avvengono mediante scambi di segnali e dunque hanno un significato. Le cellule e gli organismi riescono a rispondere in modo specifico a questi stimoli proprio perché riescono a dare un significato al messaggio scambiato.Ma oltre ai significati e alle loro interpretazioni, gli studiosi riuniti a Vienna hanno discusso anche e soprattutto delle prospettive per il futuro: oggi più che mai c’è la necessità di nuove strategie che anticipino i problemi prima che essi diventino una seria minaccia per l’ambiente e la salute degli esseri viventi. Alla base del “policy making” allora ci deve essere l’analisi scientifica dei possibili rischi. I modelli scientifici sono una risorsa oggettiva per questo tipo di analisi, bisogna superare però il varco tra l’analisi e la presa di posizione con una strategia effettiva. In un mondo che fa sempre più coincidere la scienza biologica con la biotecnologia, diviene sempre più importante che alla scienza non venga a mancare il dibattito filosofico, al fine di dare un fondamento logico alle teorie e soprattutto per evitare i pericoli di una conoscenza che tiene conto sì dell’oggetto conosciuto, ma non del processo che ha portato a conoscerlo. Una scienza centrata soltanto su meccanismi dimostrabili sperimentalmente rischia di negare un significato e/o di dimenticare la mente umana che ha portato all’acquisizione di quella conoscenza.

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