“Fermiamo la mutilazione genitale”

Ogni anno nell’Africa sub sahariana e in Medio Oriente circa tre milioni di bambine e di donne subiscono l’escissione o la mutilazione genitale. È quanto emerge da un rapporto reso noto dall’Unicef, che definisce “globale” il problema, in quanto coinvolge anche donne che vivono nelle comunità di migranti nei paesi più industrializzati. La pratica, denuncia l’agenzia delle Nazioni Unite, è una grave violazione dei diritti umani ma in molti paesi è considerata una convenzione sociale indispensabile, che conferisce prestigio e rispetto alle bambine e alle loro famiglie. Sono proprio le aspettative sociali a costituire un grosso ostacolo per le famiglie, perché non avere effettuato l’operazione può essere motivo di emarginazione per la donna. L’intervento può andare da un piccolo taglio sulla clitoride all’asportazione dei genitali esterni (infibulazione). Oltre a causare dolori acuti, può provocare infezioni, sterilità e persino la morte. Tuttavia, l’Unicef sostiene che è possibile eliminare questa usanza millenaria nell’arco di una sola generazione. Per debellarla è necessario che le comunità siano consapevoli dei danni provocati dalla mutilazione genitale e che vi rinuncino collettivamente e pubblicamente, coinvolgendo i villaggi vicini. Ma perché si inneschi il processo di cambiamento, serve l’impegno internazionale, affinché le comunità possano ricevano un adeguato sostegno legislativo e politico, l’appoggio dei capi religiosi e un’informazione adeguata. (a.p.)

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here