Forte e chiaro

    Elimina le interferenze, è piccola, non è facilmente rilevabile: così i fisici dell’Università del Tennessee hanno presentato il loro prototipo di antenna al plasma (o gas ionizzato) al meeting annuale della Division of Plasma Physics della American Physical Society. La sperimentazione di questo dispositivo innovativo, condotta da Igor Alexeff, ha mostrato risultati impensabili per le antenne tradizionali di tipo metallico e la candida come possibile valida alternativa in applicazioni militari e nei sistemi di telefonia mobile. “L’antenna funziona proprio come i suoi analoghi metallici, eccetto per il fatto che la corrente passa attraverso il gas ionizzato”, spiegano i fisici.

    Le antenne di acciaio o cromo comunemente usate convertono un segnale elettrico, fornito da un generatore, in onde elettromagnetiche. La frequenza delle onde radio emesse e ricevute – detta frequenza di lavoro dell’antenna – dipende dal tipo di generatore elettrico collegato all’antenna. Se si deve lavorare a una determinata frequenza, inoltre, è necessario che la lunghezza dell’antenna sia dello stesso ordine di grandezza dell’onda del segnale. Questo implica che i dispositivi che lavorano a basse frequenze (e quindi grandi lunghezze d’onda, perché le due quantità sono inversamente proporzionali) abbiano dimensioni tali da renderle facilmente visibili.

    Le antenne classiche presentano inoltre due problemi: il Jamming, ovvero un tipo di disturbo  creato da altri segnali inviati per localizzarle o per “dar fastidio” ai radar, e le interferenze, perché le antenne metalliche riflettono in parte i segnali anche se hanno frequenze diverse dalle loro.

    La nuova antenna sembra non presentare nessuno di questi svantaggi. È di dimensioni ridotte  e può captare solo segnali prossimi alla sua frequenza operativa (gli altri attraversano il gas senza essere riflessi), riducendo così al minimo i disturbi che si verificano soprattutto quando si lavora alle alte frequenze. Un altro vantaggio risiede nella possibilità di usare più antenne montate una sull’altra per captare più frequenze simultaneamente senza che interferiscano tra loro. L’antenna al plasma può inoltre funzionare con una corrente a impulsi senza che la nitidezza del segnale sia compromessa e, non avendo parti in metallo, non riflette i segnali inviati dai radar quando è spenta, caratteristica che la rende meno “intercettabile”.

    “Il concetto di antenne al plasma è noto dalla metà degli anni Novanta”, spiega Giuseppe Schettini, docente di Antenne presso l’Università di Roma Tre, “ma le realizzazioni sono ancora poche. Si tratta di lavori pionieristici. La tecnologia è promettente, ma probabilmente non va considerata rivoluzionaria in tutte le applicazioni, anche se potrà trovare spazio in diversi settori”. (s.s.)

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