Grande industria, poca ricerca

Informatica, telecomunicazioni, elettronica, chimica, farmaceutica. Sono questi i campi in cui sono impegnate le aziende italiane che investono di più in ricerca e sviluppo. E lo fanno fino al 15 per cento del loro fatturato. Si tratta di grandi, come Fiat o Finmeccanica, o piccole realtà, Txt-E Solutions, Chiesi Farmaceutici o Saes Getters. I dati emergono dal rapporto Eu R&D Investment Scoreboard presentato dalla direzione generale Ricerca della Commissione Europea e dal Joint Research Centre di Ispra.

La fotografia europea mette in evidenza il punto debole italiano: il numero esiguo – solo sette – di grandi imprese che investono almeno 100 milioni di euro, come succede in Germania per ben 38 aziende, in Francia per 33 e nel Regno Unito per 26. Il primo investitore italiano è Finmeccanica con poco più di 1 milione e 700 mila euro, pari al 15,6 per cento del fatturato, il secondo la Fiat con poco più di 1 milione e 300 mila euro. Dopo questi però si scende drammaticamente: il terzo è Eni con 200 mila euro.

Il paragone impietoso con le nazioni europee viene anche considerando la spesa complessiva delle prime cinque aziende italiane – 3620 milioni di euro – con quelle inglesi e tedesche: nel primo caso da noi si spende un terzo di quello che si spende oltremanica, nel secondo solo un quinto. In generale il rapporto però testimonia della buona salute del settore ricerca e sviluppo europeo: le duemila società prese in esame hanno investito, nel 2005, 371 miliardi di euro, la metà di tutti gli investimenti effettuati a livello mondiale. (l.g.)

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