H1N1, le colpe dei media

Aprile 2009. Sulle pagine dei giornali comincia a circolare la notizia di un nuovo tipo di influenza che si sta diffondendo dal Messico agli Stati Uniti. In pochi giorni le informazioni si moltiplicano. Il nuovo virus, H1N1, ha raggiunto venti paesi di quattro continenti e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) alza il livello di allerta da tre a cinque, per poi portarlo a sei – il massimo – nei primi di giugno. Comincia così la fiera delle dichiarazioni e delle smentite da parte dei ministeri sulla pericolosità del virus e sui piani di azione per contrastarlo. Oggi, a un anno dalle prime notizie, tra i cittadini si diffonde la sensazione di un allarme ingiustificato, mentre l’Oms rende pubbliche le cifre ufficiali della pandemia: 214 paesi hanno confermato casi di contagio per un totale di 17.798 morti. Per fare chiarezza sulle decisioni prese a livello nazionale e internazionale, la rivista Dialogo sui farmaci ha organizzato la conferenza Epicrisi, tenutasi lo scorso 13 aprile a Verona. Galileo ha intervistato il direttore Massimo Valsecchi.

Dottor Valsecchi, perché parlare di H1N1 quando non fa più paura?
“Nel nostro paese manca la consuetudine di analizzare a posteriori gli eventi rilevanti sia per il Sistema sanitario nazionale, sia per l’opinione pubblica. L’assenza di un metodo di analisi critica delle gestioni è un grande limite culturale e scientifico che ci impedisce di imparare dall’esperienza e di evitare di ricadere sempre negli stessi errori”.

Qual è la considerazione più importante emersa dal forum?
“Che chi ha la responsabilità di definire le strategie sanitarie non è in grado di stimare l’entità del rischio. Questa è una considerazione che avevamo già maturato in eventi di minor portata, come l’epidemia di meningite nella provincia di Treviso, ed è un dato di fatto che va tenuto ben presente quando si mette a punto una strategia di comunicazione”.

In che modo?
“La popolazione non sopporta che siano spacciate per certe le informazioni che poi vengono sistematicamente smentite dai fatti. Nel caso dell’H1N1 c’è stata la mancanza di un piano di comunicazione assennato da parte del Ministero. Dichiarare che l’epidemia arriverà il tal giorno, per esempio, è l’aberrazione del pensiero scientifico perché vuol dire non averne capito i meccanismi profondi: si lavora per errori, si fanno stime, si calcolano probabilità. Come diceva l’epidemiologo Geoffrey Rose, chi si occupa di medicina ha l’obbligo di spiegare continuamente al pubblico quanto poco sappiamo. Il problema non è dei modelli, che sono fatti per sbagliare, anche se ogni volta in misura minore di quella precedente. Il punto è non prenderli come verità rivelate”.

Quali altri errori sono stati commessi?
“Non ci è mai scusati. Anzi: ogni dichiarazione smentita è stata rimpiazzata da un’altra verità assoluta. Il risultato? Basta pensare alla questione dei vaccini, i cui risvolti sono tragici: sono state somministrate 900.000 dosi contro gli oltre dieci milioni distribuiti. E c’è stata una bassa copertura proprio nella fascia di popolazione che sarebbe stato opportuno vaccinare. In Italia si stima che si siano infettati 4,5 milioni di persone. Quelli ricoverati con sindrome da stress di polmonite virale sono stati 450 e sono morte 243 persone, un numero non piccolo. Di queste, la maggior parte presentava una condizione di rischio”.

Bisognava vaccinarsi di più?
“Per fortuna è stata un’epidemia poco letale, ma resta il fatto che chi poteva essere efficacemente vaccinato non lo è stato. Il perché va ricercato anche negli errori della comunicazione. Tanto per cominciare, per la questione delle dosi di vaccini, i media hanno alimentato l’ipotesi del complotto e la gente ha pensato subito a una truffa. Nessuno, poi, si è preoccupato di fare controinformazione almeno per le due grandi leggende sul contenuto di mercurio e sullo squalene, un adiuvante della risposta immunitaria che si utilizza da più di dieci anni qui in Italia. Il Ministero avrebbe dovuto intercettare questi due problemi e fare una campagna mirata.”.

La pandemia non è finita perché il virus non è stato annientato e continua a circolare. Come pensa che dovrebbe essere affrontato l’argomento ora?
“Le rispondo con un esempio. L’Oms ha inserito H1N1 tra i virus coperti dal prossimo vaccino. Quando cominciare la profilassi, però, è questione tutt’altro che semplice, perché le influenze hanno tempi di comparsa sfalsati di due-tre mesi. È difficile stabilire cosa fare ed è importante che la gente lo sappia. Tutti sanno che la meteorologia può sbagliare e nessuno si scandalizza se non piove all’ora prevista. Non abbiamo l’onnipotenza sulla predizione. Questo messaggio è antiscientifico, falso e pericoloso”.

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