I 9 algoritmi che ci hanno cambiato la vita

John MacCormick
9 algorithms that changed the future. The ingenious ideas that drive today’s computers
Princeton University Press, pp. 219, euro 22,89

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Centinaia di milioni di persone, ogni giorno, utilizzano calcolatori e oggetti simili per scambiarsi messaggi, svolgere ricerche in rete, compiere acquisti, verificare lo stato del proprio conto corrente, scegliere un albergo per le vacanze e altro ancora. Ma come fanno le macchine a svolgere questi compiti? L’impresa, tutt’altro che banale, di spiegarlo ai profani è affrontata assai efficacemente da John MacCormick, un accademico con forte esperienza di ricerca anche in ambito industriale (Hewlett-Packard e Microsoft), in un libro dedicato agli algoritmi che sono alla base del funzionamento delle applicazioni più diffuse. L’approccio è dunque assai diverso da quello tradizionale, che considera i calcolatori come macchine di calcolo, e procede mostrando come queste attuino operazioni logiche e aritmetiche di crescente complessità a partire da quelle elementari. E del resto oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, alle macchine non si richiedono calcoli ma piuttosto elaborazioni di dati, spesso di grande raffinatezza e basate su idee geniali. Come appunto sono quelle alla base dei nove algoritmi sui quali MacCormick si sofferma.

La trattazione, che non richiede al lettore alcuna conoscenza preliminare di informatica, risulta assai semplice da seguire, in quanto svolta con estrema gradualità, sorretta da efficaci analogie, densa di esempi discussi in grandissimo (a volte eccessivo?) dettaglio e arricchita da richiami storici. E così, finalmente, si può capire come facciano i motori di ricerca a pescare in un attimo quello che ci interessa nella mole gigantesca delle informazioni disponibili sul Web, mettendo in evidenza, cioè presentando per prime, le cose più rilevanti (e come facciano a stabilirne la rilevanza). Come si riesca a garantire la sicurezza e l’affidabilità delle transazioni commerciali e bancarie. Come sia possibile comprimere le gigantesche quantità di informazione costituite da immagini o pezzi musicali, per ridurle all’essenziale facilitandone così l’immagazzinamento e la trasmissione da una macchina all’altra. Illustrando anche i mezzi raffinati, alcuni dei quali ispirati al funzionamento del cervello, con cui le macchine riescono oggi a riconoscere immagini o altre forme, compito per esse difficilissimo ma nel quale gli esseri umani eccellono.

Non sono trascurate, anzi puntualizzate, alcune questioni concettuali di fondo che rientrano nella teoria dell’informazione, come quelle relative al duplice ruolo della ridondanza. Che quando è presente in un insieme di dati può essere eliminata, come si è accennato, per ridurne il peso informativo. Ma che d’altro canto può essere introdotta artificialmente in un insieme di dati, con modalità (codici a correzione d’errore) tali da consentire di scovare e correggere gli errori inevitabilmente introdotti nella memorizzazione dei dati o nella loro trasmissione a distanza attraverso la rete internet. E del resto il capitolo conclusivo, l’unico che non è dedicato a una specifico algoritmo, affronta l’affascinante e delicato argomento dei “programmi impossibili”, cioè di cosa i calcolatori non possono fare, mostrando in particolare come non sia possibile scrivere un programma che stabilisca se l’esecuzione di un generico programma possa condurre o no al blocco (crash) della macchina su cui esso gira. Collegando questa conclusione di non decidibilità ai risultati teorici ottenuti da Alan Turing negli anni Trenta del secolo scorso.  

Curioso però che in un libro incentrato sugli algoritmi, dove non mancano i riferimenti storici, non abbia trovato menzione proprio il personaggio il cui cognome latinizzato è immortalato in questo termine. Cioè Muhammad ibn Musa al-Khwaritzmi: lo scienziato persiano operante a Baghdad nel nono secolo dopo Cristo al quale dobbiamo opere preziose quali un trattato sull’algebra, l’introduzione della cifra zero ripresa dal sistema di numerazione indiano e altro ancora.

Giovanni Vittorio Pallottino

Professore di Elettronica alla Sapienza Università di Roma.

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