I baffi sono elettronici

Tra i baffi più famosi del regno animale quelli di gatti e roditori occupano un posto speciale. È infatti grazie a questi straordinari sensori che questi mammiferi riescono a percepire anche il più tenue soffio d’aria, a individuare gli ostacoli ed evitarli, anche al buio. Ora, un team guidato da ricercatori del Berkeley Lab e della University of California di Berkeley è riuscito a mimare le capacità dei baffi dei gatti riproducendone una versione elettronica: gli ewhiskers (per l’appunto i baffi elettronici).

Gli scienziati sono riusciti a riprodurre questi speciali sensori tattili incorporando delle nanoparticelle di argento e dei nanotubi di carbonio su delle fibre elastiche. In questo modo i ricercatori potevano contare su materiale che fosse al tempo stesso flessibile, sensibile e leggero. Il meccanismo di funzionamento è semplice quanto efficace: quando infatti il baffo viene piegato la distanza tra le nanoparticelle si modifica e così anche la resistenza elettrica, trasmettendo un segnale. La presenza dei nanotubi invece assicura il flusso elettrico e allarga lo spettro di sensibilità dei baffi elettronici. Inoltre, come spiega anche Popular Mechanics, modificando le quantità di nanotubi di carbonio e nanoparticelle di argento è possibile anche adattare le proprietà dei baffi elettronici ai loro diversi utilizzi. Questi e-whiskers, presentati sulle pagine di Pnas, si sono mostrati molto sensibili come raccontano gli scienziati, riuscendo a percepire una pressione leggera tanto quanto quella esercitata da una banconota di un dollaro su un tavolo, pari a un Pascal. Ma a cosa potrebbero servire?

Diverse solo le possibili applicazioni dei baffi elettronici. Per esempio potrebbero essere inclusi nella pelle elettronica al fine di aumentarne la sensibilità, oppure usati nei robot al pari dei loro analoghi naturali: come organi di senso, in grado di monitorare l’ambiente e segnalare la presenza di eventuali ostacoli. Funzionando come nuovi occhi e nuove mani. E ancora, potrebbero essere incorporati nelle braccia robotiche per aumentarne la sensibilità agli stimoli ambientali.

Via: Wired.it

Credits immagine: Berkeley Lab

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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