Categorie: Spazio

I buchi neri vanno in coppia

Tutta questione di gravità: è per via di questa forza che gli ammassi stellari si creano e hanno una certa forma e che i buchi neri catturano tutta la materia e la luce che entra all’interno del loro orizzonte degli eventi. Ed è per via di questa forza che si pensava che in ogni ammasso stellare globulare non potesse esserci più di uno solo di questi oggetti onnivori. Eppure, osservazioni empiriche hanno dimostrato che non è così, scombinando le convinzioni di una buona parte degli astrofisici teorici: contro ogni previsione, il Very Large Array (Vla), il gruppo di telescopi in New Mexico, sembra infatti aver osservato al centro dell’ammasso Messier 22 (M22), all’interno della Via Lattea, due piccoli buchi neri, non uno solo. A rivelarlo uno studio su Nature.

Come nelle migliori tradizioni scientifiche, i ricercatori cercavano tutt’altro quando sono incappati nella scoperta. Guardando a 10mila anni luce di distanza, speravano di trovare al centro di questo ammasso globulare – gruppo di centinaia di migliaia di stelle, dalla forma sferica e dal nucleo denso di oggetti celesti – un buco nero di massa intermedia. Più grande cioè dei normali buchi neri, dalle dimensioni pari a solo qualche volta quella del Sole, ma molto più piccolo dei buchi neri supermassivi che si trovano al centro delle galassie.

La teoria voleva che uno e uno solo di questi oggetti si potesse trovare all’interno dello stesso gruppo di stelle, e che se fosse successo altrimenti si sarebbero innescate forte interazioni gravitazionali capaci di spingere via quello di troppo: le simulazioni indicavano infatti come in questo caso i due buchi neri avrebbero dovuto cominciare a collassare verso il centro dell’ammasso globulare per poi iniziare una violenta danza l’uno intorno all’altro, finché uno dei due sarebbe prevalso espellendo l’altro dal sistema.

Invece, le rilevazioni delle emissioni radio e raggi X all’interno di M22 sembrano riferirsi proprio a due diversi buchi neri, della massa di circa 10 o 20 volte quella del Sole, entrambi in fase di accrescimento. “Ci sarebbe dovuto essere un solo superstite possibile”, ha commentato Jay Strader, ricercatore della Michigan State University e dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics e primo autore dello studio: “Averne trovati due scombina tutta la teoria”.

Il meccanismo di espulsione di questi oggetti celesti dall’immenso campo gravitazionale sarebbe dunque meno efficiente di quanto creduto in precedenza, e per questo motivo il numero di buchi neri negli ammassi potrebbe non ridursi soltanto a uno o due, ma in gruppi delle dimensioni di M22 potrebbe arrivare forse anche a 100.

Di nuovo, le possibili spiegazioni che i ricercatori si sono dati riguardano gli equilibri gravitazionali: potrebbe darsi che siano proprio i buchi neri a ridurre la densità al centro degli ammassi stellari, rallentando il processo di espulsione dei corpi celesti in eccesso; oppure, potrebbe essere il cluster di stelle M22 a non essere ancora tanto contratto da innescare il meccanismo.

Per sciogliere il mistero e capire cosa è stato e cosa sarà di questi due buchi neri – già da primato, per essere i primi a essere mai stati scoperti da Vla, i primi di dimensioni stellari a essere trovati in un ammasso globulare nella Via Lattea e i primi scovati sia via radio sia tramite emissioni di raggi X – bisognerà però aspettare altri dati.

Via: Wired.it

Credits immagine: Benjamin de Bivort

Laura Berardi

Dopo essersi laureata in fisica presso Sapienza Università di Roma con una tesi in Meccanica quantistica, ha deciso di dedicarsi alla comunicazione scientifica: ha frequentato il Master SGP e si è diplomata nel 2011 con una dissertazione su scienza e mass media, nello specifico sul tema della procreazione medicalmente assistita. Oggi è redattrice scientifica a Quotidiano Sanità, collabora con Galileo e Sapere e scrive per Wired.

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