I mille volti della canapa

    Tessuti, cosmetici, cellulosa, materiali plastici per imballaggi e mattoni per la bioedilizia. Sono solo alcuni dei prodotti che si possono realizzare grazie alla canapa. Dalla parte più pregiata del suo fusto, quella fibrosa chiamata “tiglio”, fino al legnoso “canapolo”, la Cannabis sativa può essere sfruttata in più di 50 mila modi diversi. Le sue enormi potenzialità, però, sono ignorate dall’industria italiana perché la coltivazione di canapa, anche se per uso industriale, è vietata. Colpa dei pregiudizi che la circondano e di cui si parlerà nella seconda edizione del festival “Salviamoci la canapa 2005”, organizzato a Piombino il 3 e 4 giugno prossimi dall’associazione Nojerksite con il patrocinio della regione Toscana e della provincia di Livorno.Prima del Novecento l’Italia era una grande produttrice di canapa, ma gli echi della campagna stampa contro la marijuana avviata negli Stati Uniti negli anni Trenta, attraversarono l’oceano e misero in crisi i coltivatori di canapa. Nel 1961 l’Italia, firmando il trattato dell’Onu che classificava la canapa come stupefacente, ne impose l’eradicazione completa entro il 1986. “In questo modo la filiera produttiva si è spezzata e la lunga lavorazione della canapa non ha mai conosciuto la meccanizzazione”, spiega Angela Grimaldi, vice presidente di Assocanapa, moderatrice di uno degli incontri che si svolgeranno durante il Festival. “Negli Usa Harry Ford, per esempio, aveva messo a punto un automobile con gli interni in fibra vegetale che andava a olio di canapa. Questo dava fastidio alle nascenti industrie petrolifere”. La sua scomparsa, insomma, fu anche conseguenza della lotta tra industria chimica e industria naturale. E oggi la sua coltivazione è consentita solo a uso sperimentale e con speciali permessi. “L’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore agricolo-forestale (Arsia) ha assegnato alla Canapone Srl di Grosseto il progetto per la reintroduzione della canapicoltura e la trasformazione e commercializzazione della pianta. L’obiettivo è creare una nuova filiera tessile in Toscana: coltiviamo tutte le varietà della pianta per individuare quelle più adatte al terreno toscano e sperimentiamo i vari procedimenti industriali per avviarla alla meccanizzazione”.Il settore tessile è quello che avrebbe più da guadagnarci dal ritrovato utilizzo della canapa. Ma anche le parti meno pregiate di questo vegetale hanno un mercato: servono a fabbricare saponi, cere, cosmetici, detersivi biodegradabili, lubrificanti e solventi. Tutta la pianta è un’ottima fonte di biomassa da cui estrarre gas, carbone vegetale, metanolo ed etanolo, quindi combustibile pulito in sostituzione del petrolio. Ed è una fonte di carta migliore rispetto agli alberi: un ettaro di bosco, infatti, contiene il 33 per cento di cellulosa in meno di un ettaro di canapa, e mentre la pianta impiega 120 giorni a ricrescere, per un albero si devono aspettare almeno 50 anni. “Inoltre la carta così prodotta necessita di trattamenti chimici meno aggressivi”, spiega Adriana Ciurli della facoltà di agraria dell’Università di Pisa, dove ha condotto una ricerca sulle capacità depurative della canapa.“Si sapeva già che è una pianta che ha bisogno di poche cure e che depura il terreno. La presenza in essa dei cannabinoidi, seppur in minima quantità, infatti, tiene lontani insetti e larve e ogni tipo di malattia, così l’agricoltore non è costretto a usare i diserbanti”, continua Ciurli. “Ma abbiamo voluto analizzare il suo comportamento nei suoli inquinati da metalli pesanti. Così l’abbiamo coltivata in ambienti controllati e arricchiti per l’occasione di zinco, metallo diffuso nella regione per la massiccia presenza di concerie e acciaierie. Risultato: radice, fusto e foglia hanno succhiato anche lo zinco”. Per le sue qualità depurative, quindi, la canapa potrebbe essere utilizzata per recuperare suoli contaminati a bassi costi. Le tecniche attuali, infatti, prevedono la decurtazione di grosse quantità di terreno e il suo stoccaggio, o l’uso di piante che però prendono il metallo alla radice e quindi devono essere poi estratte con macchinari particolari. Tutti procedimenti molto costosi. “La canapa invece prende lo zinco alla radice e lo passa nel fusto e poi nelle foglie, così basta sfrondare la parte superiore e depurare la radice con altri cicli. Quali prodotti farci con le piante utilizzate a questo scopo è una questione che deve essere affrontata”, conclude Ciurli.

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