Categorie: Vita

Il batterio all’arsenico? Era una bufala

Se fosse stata vera, sarebbe stata una scoperta notevole. Quella di una nuova forma di vita, nello specifico un batterio, che al posto di un mattoncino fondamentale del Dna, il fosforo, usa un altro elemento. Per di più letale per quasi tutti gli altri organismi: l’arsenico. L’annuncio era stato dato nel 2010 e aveva suscitato da subito molto clamore. I giornali avevano rotto l’embargo sullo studio in pubblicazione su Science (niente meno) e gridato agli alieni sulla Terra. Così, in effetti, la notizia era stata venduta dalla Nasa, tra gli enti coinvolti nella ricerca (vedi Galileo, Dna con l’arsenico). Insieme alla grande eco, però, erano arrivate anche le critiche: a meno di un mese dalla conferenza stampa che parlava di uno stravolgimento nelle nostre conoscenze sulla vita e di nuove frontiere per l’astrobiologia, gli scienziati avevano cominciato a fare le pulci al paper, trovando delle lacune. E già si parlava di una bufala (vedi Galileo, La peggiore scienza del 2011). 

Felisa Wolfe-Simon
, principale autrice dello studio “sotto inchiesta”, aveva allora pubblicato una sorta di Faq in cui spiegava la sua ricerca, e aveva infine smesso di rispondere alla domande dei giornalisti e dei colleghi, preferendo affidarsi alla peer review: ha reso pubblico il suo studio per un mese, in modo che tutti potessero prenderne visione, e ha rilasciato una lunga intervista a Science

Il tempo ha dato ragione agli scettici: ieri, a un anno e mezzo dall’annuncio-rivelazione, sempre Science (Express) ha dato la smentita dei primi risultati, presentando due nuove ricerche che dimostrano come  GFAJ-1 (così è chiamato il nuovo batterio trovato in California, nei sedimenti del Mono Lake) non viva grazie all’arsenico, ma nonostante questo. E come non possa fare a meno del fosforo, per quanto in piccole quantità. 

Uno dei paper è dell’ETH Zurich, in Svizzera, l’altro è firmato da Rosie Redfield dell’Università della British Columbia di Vancouver (Canada), tra i primi scienziati che hanno voluto scavare a fondo nei dati di Wolfe-Simon. All’inizio di quest’anno, Redfield ha tentato di ripetere gli esperimenti condotti dalla sua collega della Nasa e aveva dichiarato di non essere riuscita a ottenere gli stessi risultati. Aveva reso pubblico il tutto su ArXiv fin dall’inizio. 

Per i due team, il batterio si è dimostrato in grado di crescere effettivamente in un ambiente ricco di arsenico e molto povero di fosforo, ma non di sostituire (neanche in parte) il secondo elemento con il primo nel suo Dna. L’arsenico trovato nei campioni della Nasa sarebbe quindi dovuto a una contaminazione

Per Redfield la questione si chiude qui. Rispondendo alle domande del giornalista scientifico Alan Boyle di MSNBC.com, la ricercatrice non si è detta particolarmente interessata all’argomento in sé, ma considera la vicenda come un caso di studio di open science

Wolfe-Simon, invece, non si arrende: riconosce che gli esperimenti dei suoi detrattori non hanno trovato arsenico nelle cellule di GFAJ-1, ma sottolinea che questi test sono stati condotti in modo diverso dai suoi. “Il nostro lavoro originale e i nostri dati – scrive – sono stati sottoposti a severi scrutini, come richiesto in caso di scoperte inattese ed eclatanti. Stiamo proseguendo i nostri studi e sapremo dire qualcosa di più nei prossimi mesi”. 

Ed ecco la posizione ufficiale di Science: “Il processo scientifico è per sua natura in grado di auto-correggersi, visto che gli scienziati cercano di replicare i risultati pubblicati. Science ha il piacere di pubblicare informazioni aggiuntive su GFAJ-1, un organismo straordinariamente resistente che può essere importante per ulteriori studi legati al meccanismo di resistenza all’arsenico”.

via wired.it

Immagine: Wolfe-Simon con una provetta contenente i batteri prelevati dal Mono Lake. Credit: 2009 Henry Bortman

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

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  • e' scorretto parlare di bufala. lo studio era stato condotto seriamente e come capita e' stato contraddetto da ulteriori verifiche. Siamo umani dopotutto...

  • E' singolare come le più grandi idiozie della scienza vengano puntualmente pubblicate su rivistone con la puzza sotto il naso... sembra quasi che per pubblicarci sia necessario spararla grossa... che scarsi!!

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