Il buco nero in punta di chip

Intrappolare la luce e creare in laboratorio un mini buco nero, così piccolo da stare tutto in un chip. È l’impresa quasi fantascientifica di un gruppo di ricerca dell’Università di Nanchino in Cina, che ha realizzato un microchip fotonico in grado di simulare il fenomeno delle lenti gravitazionali previsto dalla teoria della relatività generale di Eisntein. Lo studio è stato pubblicato su Nature Photonics.

Secondo la teoria einsteiniana, la luce emessa da una sorgente può essere deviata dalla presenza di corpi celesti di grandi masse, che si trovano sul percorso tra la sorgente e chi osserva e si comportano come vere e proprie lenti: intensificano o distorcono l’immagine della sorgente, “curvando” lo spazio-tempo circostante. Le “lenti” più particolari sono senza dubbio i buchi neri, particolari oggetti in grado di risucchiare tutto ciò che incontrano, compresa la luce. In alcune regioni, finora mai osservate (le cosiddette sfere di fotoni), la luce rimane intrappolata in orbita intorno ai buchi neri: è questo il fenomeno che gli scienziati sono riusciti a riprodurre in laboratorio: “Abbiamo trovato un metodo piuttosto semplice e ingegnoso per mimare la luce intrappolata intorno a un buco nero”, spiega Hui Liu dell’Università di Nanchino, coautore dello studio.

C’è di più: gli scienziati hanno fatto viaggiare la luce in un materiale solido molto piccolo. In generale, mezzi diversi possiedono diverso indice di rifrazione, variando il quale è possibile modificare la curvatura della luce. È quello che avviene, per esempio, all’interfaccia tra acqua e aria: un oggetto parzialmente immerso appare spezzato perché gli indici di rifrazione sono differenti e quindi la luce viene deviata in modo diverso dai due elementi.

Per realizzare il dispositivo, i ricercatori hanno utilizzato, tra i componenti, un semplice strato di plastica trasparente che guida la luce, trattenendola sulla superficie del chip, e una microsfera di polistirene, posizionata al centro. Per cambiare l’indice di rifrazione, inoltre, hanno variato in maniera graduale lo spessore della plastica, che è massimo in prossimità della sfera e diminuisce mano a mano che ci si allontana da essa. “Così, l’indice di rifrazione cambia nello stesso modo in cui la curvatura dello spazio varia intorno ai buchi neri”, sottolinea Liu. Nel video diffuso dagli scienziati si vede come la luce, curvata dalla sfera, ne segue la forma, imitando il comportamento del buco nero. Il modello dei ricercatori, oltre ad aiutare la comprensione della relatività generale intorno a un buco nero, “potrebbe essere piuttosto utile per sviluppare celle solari, rivelatori di fotoni, microlaser e molti altri dispositivi di raccolta dell’energia”, conclude Liu.

Riferimenti: Nature Photonics doi:10.1038/nphoton.2013.247

Credits immagine: Wikipedia

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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