Categorie: Vita

Il cugino Neandertal

Ora lo conferma anche il Dna: l’uomo di Neandertal non è un nostro antenato, ma un nostro “cugino” che si è estinto senza lasciare discendenti. I neandertaliani e l’uomo moderno si sarebbero infatti evoluti indipendentemente da un progenitore comune, l’Homo Erectus. La tesi, già formulata sulla base del confronto fra le ossa appartenute all’uomo di Neandertal e all’Homo Sapiens, esce rafforzata dopo che campioni di Dna umano moderno sono stati confrontati con quello dell’ominide. Lo studio è stato svolto da un gruppo di ricercatori tedeschi, guidati da Svante Paabo, professore di zoologia all’Università di Monaco, e sarà pubblicato sull’ultimo numero della rivista Cell.

La testimonianza del Dna potrebbe confutare per sempre le tesi dei “multiregionalisti”. Essi sostengono che le attuali popolazioni umane si sarebbero evolute indipendentemente a partire da differenti popolazioni di ominidi, ora estinte, che avrebbero avuto come antenato comune Homo Erectus. Secondo questo modello gli europei discenderebbero dall’uomo di Neandertal mentre, per esempio, gli asiatici sarebbero gli eredi dell’uomo di Dalì. Allo stesso modo cadrebbe la teoria di chi ritiene che l’uomo di Neandertal si sia incrociato con l’uomo moderno quando, più di 30 mila anni fa, le due popolazioni convivevano in Europa e Asia occidentale. Se ciò fosse accaduto infatti, noi dovremmo conservare nel nostro Dna qualche traccia di geni neandertaliani. Ipotesi esclusa dai ricercatori tedeschi.

Il Dna utilizzato da Svante Paabo e i suoi collaboratori proviene dalle ossa di un uomo di Neandertal ritrovato vicino Dusseldorf nel 1856. Gli scienziati non hanno analizzato il normale materiale genetico, localizzato nel nucleo, ma quello proveniente dai mitocondri, gli organelli dove avviene la respirazione cellulare e che si trovano numerosi in ogni cellula. Ci spiega Mark Stoneking, uno dei ricercatori che hanno partecipato allo studio: “Abbiamo scelto di lavorare su Dna mitocondriale perché se ne trovano varie copie in ogni cellula e questo ci permette di ottenere una porzione sufficiente di Dna da un campione antico. Per avere la stessa quantità di Dna nucleare, occorrerebbe distruggere 50 grammi di ossa fossili. E sarebbe un’operazione troppo devastante per essere giustificabile”. Inoltre il Dna contenuto nei mitocondri viene spesso usato in questo tipo di ricerche perché evolve molto rapidamente, quindi è assai utile nello studio dei rapporti tra le popolazioni.

Una volta estratto, il Dna dell’ominide è stato confrontato con quello corrispondente ricavato dalle cellule di 2051 persone provenienti da varie popolazioni moderne. Inoltre, sono state anche studiate le differenze fra i Dna mitocondriali appartenenti a ciascuno di tali gruppi etnici. Esaminando i dati ottenuti, gli scienziati hanno concluso che le prime differenze tra l’uomo di Neandertal e l’uomo moderno, sono quattro volte più antiche delle prime diversità comparse fra le attuali popolazioni umane.

Ma in che epoca la nostra strada evolutiva ha iniziato ad allontanarsi da quella dei Neandertal? Per rispondere bisogna conoscere la velocità media con cui si sono accumulate le differenze tra i Dna osservati. Per risolvere il problema i ricercatori hanno messo a confronto il Dna mitocondriale dell’uomo moderno e del neandertaliano con quello dello scimpanzé, che si è separato dalla specie umana 4-5 milioni di anni fa. I ricercatori hanno concluso che le prime differenze genetiche tra uomo di Neandertal e Homo Sapiens sarebbero comparse tra 550 e 690 mila anni fa. Mentre quelle tra le moderne popolazioni umane iniziano tra 120 e 150 mila anni fa. Le date ottenute sono in accordo con quelle proposte dai paleontologi e dagli archeologi che si sono basati sullo studio dei fossili.

I risultati della ricerca rafforzano anche l’ipotesi che sia l’Africa la culla della nostra specie. “Innanzi tutto”,conclude Stoneking, “i nostri studi mostrano che è estremamente improbabile che i neandertaliani siano stati nostri antenati o ci abbiano tramandato qualcuno dei loro geni. Ciò è in accordo con la recente teoria dell’origine africana dell’uomo moderno. In secondo luogo se le sequenze di Dna mitocondriale appartenuto all’uomo di Neandertal vengono usate come riferimento per tracciare le radici dell’albero evolutivo umano, ne risulta che i rami più bassi sono formati da Dna mitocondriale di tipo africano”.

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