Categorie: Spazio

Il “dark side” di Plutone

Plutone non cessa di stupirci. Anche di spalle: New Horizons, la sonda Nasa che, dopo un viaggio durato nove anni, ha raggiunto (e ormai superato) il pianeta nano ai confini del Sistema solare, ha infatti trasmesso alla Terra nuove immagini di Plutone, che ne svelano il lato nascosto e le altissime foschie che lo avvolgono, spesse oltre 100 chilometri. Si tratta di un dato particolarmente significativo e sorprendente per gli scienziati, che avevano previsto, al contrario, come la temperatura del pianeta nano avrebbe consentito la formazione di foschie non più alte di 30 chilometri.

L’immagine del lato oscuro di Plutone, cioè quello opposto rispetto alla Terra, è stata scattata da New Horizons il 15 luglio, subito dopo che la sonda ha superato il punto di massimo avvicinamento al pianeta nano. Plutone si mostra in silhouette, retroilluminato dal Sole, e la sua sagoma appare – per l’appunto – avvolta da uno spesso strato di foschia. O, più precisamente, due strati: “Un’analisi preliminare dell’immagine”, spiegano alla Nasa, “mostra due strati distinti di foschia, uno circa 80 chilometri sopra la superficie e l’altro a una quota di circa 50 chilometri”.

Studiare l’atmosfera di Plutone può dare importanti indizi su cosa sta accadendo sulla superficie del pianeta nano: “Le foschie rivelate dall’immagine sono un elemento cruciale”, spiega Michael Summers, ricercatore di New Horizons alla George Mason University, in Virginia, “per ricostruire i composti a base di carbonio che probabilmente conferiscono a Plutone il suo aspetto rossiccio”. Secondo i modelli teorici, le foschie si formano perché la radiazione ultravioletta del Sole rompe le molecole di metano, idrocarburo presente nell’atmosfera di Plutone. La rottura del metano innesca la formazione di idrocarburi più complessi, come acetilene ed etilene, in effetti osservati da New Horizons. Quando queste molecole precipitano nella zona più bassa e fredda dell’atmosfera del pianeta nano, si condensano a mo’ di particelle di ghiaccio, formando la foschia.

Qui arriva il punto cruciale della questione. Come dicevamo, gli astrofisici avevano calcolato che le temperature del pianeta fossero troppo alte per consentire la formazione di foschie a quote superiori a 30 chilometri: “Dobbiamo prendere in considerazione nuove teorie”, continua Summers, “per capire cosa sta succedendo laggiù”. Nel frattempo, noi ci godiamo lo spettacolo.

Via Wired.it

Credits immagini: NASA/JHUAPL/SwRI

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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