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I casi di autismo sono in aumento?

Oggi una delle paure più grandi per neo genitori e coppie in attesa è l’autismo, una patologia di cui si sa ancora poco, e di cui si sente parlare sempre più spesso. Nell’ultimo decennio in effetti il numero di casi documentati di disturbi dello spettro autistico sembra in crescita in tutto il mondo (in Italia dati sulla prevalenza della malattia non ci sono, ma l’Istituto superiore di sanità ci ha assicurato che sta lavorando per ottenerli), tanto che c’è chi ha iniziato a parlare di un’autentica epidemia, dovuta magari a presunti (e spesso mai dimostrati) fattori di rischio come la dieta, l’inquinamento, o i vaccini (e in questo caso parliamo di una vera e propria bufala). La maggior parte degli esperti però smentiscono, e nonostante esistano dei fattori di rischio più o meno accertati, ritengono piuttosto che migliori tecniche diagnostiche e una più profonda conoscenza di queste patologie stiano aumentando il numero di diagnosi, portando quindi alla luce casi che un tempo non venivano riconosciuti. Una conferma di questa ipotesi arriva da uno studio della Penn State University, pubblicato sulle pagine dell’American Journal of Medical Genetics, che ha analizzato le richieste di sostegno per disabilità presentate al sistema scolastico americano negli ultimi 11 anni.

Tra il 2000 e il 2010 in effetti il numero di studenti americani con una diagnosi di autismo inseriti in programmi educativi speciali è praticamente triplicato, passando da poco più di 93mila a oltre420mila nell’arco di un decennio. Per analizzare la questione, i ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti nell’ambito dell’Individuals with Disabilities Education Act (Idea), il programma del governo Usa che garantisce il diritto all’istruzione per gli studenti portatori di disabilità.

Studiando le domande presentate nel corso del decennio in questione (circa 6,2 milioni per anno), i ricercatori hanno verificato l’andamento delle diagnosi di autismo, confrontandolo con quello delle altre 12 categorie di disabilità prese in considerazione per l’ammissione ai programmi educativi speciali, molte delle quali, come il ritardo mentale, i disturbi della sferaemotiva, o i problemi dell’apprendimento, possono presentaresintomi e problematiche estremamente simili a quelli dell’autismo.

Così analizzati, i dati hanno mostrato che una larga parte dell’aumento di diagnosi di disturbi dello spettro autistico è collegata ad una contemporanea diminuzione del numero di bambini con disabilità inseriti in altre categorie (nello stesso periodo ad esempio quelle per ritardo mentale sono diminuite del 65% nel periodo in questione. Secondo i ricercatori americani dunque, per una larga parte le nuove diagnosi di autismo rappresentano casi di disabilità che prima venivano classificati in altro modo. A determinare questo cambiamento sarebbero stati i miglioramenti nelle capacità e nelle tecniche diagnostiche e la maggiore accettabilità di cui godono oggi i disturbi dello spettro autistico, fattori che facilitano il riconoscimento di casi che prima potevano passare inosservati.

Al contempo, i risultati dello studio dimostrerebbero però anche alcuni punti deboli delle attuali metodiche di diagnosi. “Per lungo tempo i ricercatori hanno cercato di distinguere i disturbi dello sviluppo in categorie basate su caratteristiche cliniche osservabili, ma quando si parla di autismo è difficile perché ogni individuo può presentare una differente combinazione di sintomi”, spiega Santhosh Girirajan, ricercatore della Penn State che ha coordinato lo studio. “La parte difficile è distinguere i pazienti che presentano diagnosi multiple, perché i sintomi dell’autismo sono presenti anche in individui con altri deficit neurologici o cognitivi. Dallo studio emerge ad esempio che i pazienti che soffrono di patologie genetiche classiche, e mai associate a disturbi dello spettro autistico, se valutati per l’autismo ricevono spesso una diagnosi di questo tipo. Risultati che evidenziano come i criteri diagnostici dell’autismo perdano probabilmente di efficacia in caso di pazienti con gravi patologie genetiche”.

Via: Wired.it

Credits immagine: George Duncan/Flickr CC

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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  • Chi non si sente o non si e' sentito autistico almeno una volta nella vita scagli la prima pietra. Ci sono momenti della vita in cui essere autistico e' stat una salvezza. Parlo per esperienza personale

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