Il diabete modifica il pancreas

Oggi, 14 novembre, ricorre la giornata mondiale del diabete, un’occasione per fare il punto sull’impatto di questa malattia sulla salute del pianeta. Finora i progressi fatti nel trattamento e nella prevenzione non hanno avuto molto successo. Il diabete è una vera e propria epidemia di proporzioni mondiali: secondo le stime dell’Idf (International diabetes federation) e dell’Oms (Organizzazione Mondiale della sanità), sono circa 371 milioni gli individui affetti da diabete e oltre 280 milioni sono le persone a rischio. E questa cifra è destinata ad aumentare: si prevede, infatti, che raggiungerà il mezzo milione nel 2030. In Italia, circa il 5% della popolazione, ossia 4 milioni, vive con questa malattia ed entro il 2030 saranno oltre 5 milioni.

Le cause di questo vertiginoso aumento sono nella maggior parte dei casi gli stili di vita e di alimentazione scorretti e la mancanza di attività fisica. Tuttavia non tutti gli individui obesi che presentano i fattori di rischio per il diabete sviluppano la malattia.

A indagare sui meccanismi che inducono la manifestazione della patologia e sui meccansimi con cui la resistenza all’insulina modifica l’anatomia e il funzionamento del pancreas arriva oggi un nuovo studio italiano, effettuato presso l’Università Cattolica di Roma in collaborazione con l’Harvard Medical School di Boston pubblicato su Diabetes. La ricerca mostra come, in individui non diabetici, la resistenza all’insulina induce la trasformazione delle cellule alfa del pancreas in cellule beta che producono insulina per sopperire alla maggiore richiesta di questo ormone, come meccanismo compensatorio.

Nei loro studi, i ricercatori hanno coinvolto 18 pazienti non diabetici affetti da tumore alla testa del pancreas, o ampolla di Vater, chirurgicamente rimosso. I soggetti sono stati divisi in due gruppi: uno che aveva bassa sensibilità all’insulina (insulino-resistenti) e il secondo che presentava una riposta normale (insulino-sensibili). In entrambi i gruppi la funzionalità del pancreas è stata monitorata prima e dopo l’intervento, misurando il livello di secrezione di insulina, glucagone, insieme a quelli di incretine, sostanze che stimolano la produzione di insulina e controllano la glicemia. Inoltre i tessuti tumorali asportati dai pazienti erano sottoposti ad analisi morfologiche tramite immuno-istochimica per studiare il numero e la struttura delle cellule delle isole pancreatiche produttrici di insulina.

Da un punto di vista morfologico, le isole endocrine del pancreas contengono due tipi di cellule distinguibili tra loro che controllano il metabolismo del glucosio ma con funzioni diametralmente opposte: le cellule alfa, produttrici di glucagone, un ormone che alza la glicemia, e le cellule beta, produttrici di insulina, che riduce la glicemia.

Dopo la rimozione del tumore, che corrispondeva a circa il 50% del pancreas, in tutti i pazienti si osservava una riduzione della produzione di insulina, che però non alterava la tolleranza al glucosio osservata dei soggetti sensibili. Tuttavia, nel pancreas degli individui insulino-resistenti, gli autori hanno osservato un incremento della dimensione delle isole pancreatiche (circa il doppio rispetto ai soggetti sensibili), con un aumento del numero di cellule beta per mm2 di tessuto (80.9 contro 22.7), accompagnato anche da un incremento delle cellule alfa. Questo aumento, spiegano i ricercatori, era in parte imputabile a un processo di “neogenesi” di cellule beta, ossia di produzione di nuove cellule beta derivate dalle cellule alfa attraverso un processo di trans-differenziazione. In altre parole, le cellule alfa produttrici di glucagone hanno smesso di funzionare come tali, sono de-differenziate ritornando a uno stato primordiale e si sono trasformate in cellule beta produttrici di insulina.

Secondo gli autori, nei soggetti insulino-resistenti quanto osservato rappresenta un meccanismo compensatorio in risposta alla maggiore richiesta di insulina, caratterizzato da un aumento delle cellule alfa che tramite transdifferenziazione danno origine a nuove cellule beta. Questo comporta un alterato rapporto tra il numero di cellule beta e alfa nei pazienti insulino resistenti, il 77% dei quali alla fine sono diventati diabetici, mentre nessuno dei pazienti insulino-sensibili, in cui le cellule beta non erano aumentate, ha sviluppato la malattia.

Capire quali siano i meccanismi molecolari della neogenesi delle cellule beta, concludono gli autori, potrebbe permettere di sviluppare nuovi trattamenti per identificare i pazienti che svilupperanno il diabete prima che la malattia sia conclamata.

Riferimenti: Diabetes doi: 10.2337/db13-1013
 
Credits immagine: heather aitken/Flickr

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