Il documentario che svela i segreti della luce

Raccontare la natura della luce in fisica quantistica usando in maniera simbolica le immagini della vita quotidiana, trasformandole in metafore del mondo subatomico e delle sue leggi. È quello che fa “Inside the light – The mystery of light in quantum physics“, documentario che ha già ricevuto la Menzione Speciale a DOCSCIENT 2011, il festival internazionale dei documentari scientifici di Roma, e che è stato proiettato in occasione della manifestazione Esperienza inSegna, in corso a Palermo (A Palermo va in scena la matematica). Il film è ora in concorso per il David di Donatello 2012. Per capire meglio obiettivi e segreti dell’opera, Galileo ha intervistato il suo regista, Marco Tumbiolo

E’ la prima volta che lei si cimenta con i documentari scientifici. Come mai questa scelta?
“L’idea è venuta a Sabrina Maniscalco, ex docente dell’Università di Turku, in Finlandia, e ora ricercatrice alla Heriot-Watt University di Edinburgo (Scozia). Lei si è rivolta a me, in quanto documentarista e appassionato “lettore” di fisica, con la richiesta di girare un documentario da presentare a una giornata di divulgazione, l’International Science Day, tenutasi lo scorso Giugno a Turku. Volevamo però realizzare un video che riuscisse a far entrare le persone nei laboratori di ricerca e far loro vivere l’atmosfera e la quotidianità. Il nostro obiettivo era quello di avvicinare gli spettatori al mondo della scienza, ma emozionando piuttosto che spiegando, senza alcuna pretesa didattica”.

Perché ha scelto la luce come tema?
“Volevamo parlare di fisica quantistica e abbiamo deciso di concentrarci sui fenomeni relativi alla luce dal momento che Maniscalco si occupa di questo campo della ricerca. Grazie a lei siamo riusciti a visitare i laboratori di due gruppi leader mondiali nello studio dei fotoni e dell’interazione fotone-ione, quello di Serge Haroche all‘École normale supérieure di Parigi e quello di Wolfgang Lange della University of Sussex a Brighton”.

Perché utilizzare immagini di vita quotidiana?  
“Per evitare un effetto troppo didascalico. Generalmente, nei documentari scientifici le immagini sono a supporto di un testo, noi volevamo invece fare un esperimento diverso, rendendole protagoniste. E direi che abbiamo avuto successo. Il documentario è stato anche visto da studiosi inglesi che fanno ricerca nell’ambito del linguaggio dei segni. Quest’ultimo è ancora privo di molte parole per descrivere i concetti della fisica quantistica e il nostro lavoro è stato preso come base per sviluppare 75 nuovi segni che descrivano termini della fisica di base”.

Quanto tempo ci è voluto per realizzare il documentario?
“Una settimana a Brighton, una a Parigi, e un mese di riprese in giro per l’Italia. A monte c’è stato un lavoro di sei mesi sulla sceneggiatura. A questo va aggiunta la post-produzione”.

Siete soddisfatti di come avete trasmesso il messaggio scientifico?
“Penso che il messaggio arrivi soprattutto a coloro che sono già interessati all’argomento e già fruitori di documentari. Gli altri restano soprattutto affascinati. C’è purtroppo anche un limite linguistico: il documentario è in inglese con i sottotitoli in italiano, che possono rendere più difficile seguire testo e immagini, specialmente per gli italiani molto abituati al doppiaggio. Per questo stiamo pensando a una nuova versione doppiata”.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Abbiamo presentato un progetto per partecipare al Festival della Scienza di Genova. Pensiamo sia interessante invitare altri artisti, che nello specifico del loro linguaggio – per esempio attraverso la pittura, la fotografia, la musica – possano raccontare i paradossi e le leggi della fisica quantistica. E sempre in ambito scientifico sto lavorando con alcune aziende che si occupano di ambiente, per raccontare le storie di alcuni imprenditori. Una di queste aziende, in particolare, produce un dispositivo che riduce di oltre l’80 per cento le emissioni di CO2 delle automobili e sta avendo molto successo all’estero, ma non ancora in Italia”.

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