Categorie: SocietàVita

Il gene che cancella le impronte digitali

Immaginate di diventare invisibili, non agli occhi delle persone ma quantomeno ai controlli della polizia o degli addetti alla sicurezza negli aeroporti. In che modo? Semplicemente cancellando ciò che vi rende unici e riconoscibili: le impronte digitali. Un gruppo di ricerca coordinato da Eli Sprecher della Tel Aviv University, in Israele, ha infatti individuato il gene che controlla la formazione delle impronte digitali; una scoperta che permetterebbe, almeno in teoria, di diventare “invisibili” bloccando l’espressione di questo pezzetto di Dna. Lo studio è stato pubblicato sull’American Journal of Human Genetics.

La scoperta dei ricercatori risale al 2007, quando a una donna svizzera in procinto di attraversare il confine con gli Stati Uniti venne chiesto di rilasciare le impronte digitali. Gli agenti rimasero scioccati: la donna non ne aveva. Fu così che la comunità medica scoprì la adermatoglifia, un’anomalia in cui sono assenti sia le impronte digitali sia le creste e i solchi (dermatoglifi) sul palmo delle mani, sulla pianta e sulle dita dei piedi. Le persone colpite da adermatoglifia – pochi i casi conosciuti, sono solo quattro le famiglie note che ne soffrono – hanno anche meno ghiandole sudoripare (ma senza alcuni effetti sulla salute).  

Le impronte digitali si formano completamente entro le ventiquattro settimane successive alla fecondazione, ma i ricercatori non conoscono i fattori che ne controllano lo sviluppo. Per scoprirlo, Sprecher e la sua equipe hanno condotto un’analisi genetica sui membri di una famiglia svizzera, nove dei quali privi di impronte digitali. Comparando i diversi profili genetici, i ricercatori hanno così scoperto che chi soffriva di adermatoglifia aveva, nel Dna delle cellule della pelle, un minor numero di copie del gene SMARCAD1.

Il gene in questione può esistere in forme leggermente differenti, ognuna delle quali è espressa in una parte diversa dell’organismo. Ebbene, secondo i risultati dello studio quella attiva nella pelle (leggermente più corta delle altre) regola appunto la formazione delle impronte digitali durante lo sviluppo del feto. Capire come questo avvenga sarà il prossimo obiettivo di Sprecher e il suo gruppo di ricerca.

Riferimenti: The American Journal of Human Genetics doi:10.1016/j.ajhg.2011.07.004

Martina Saporiti

Laureata in biologia con una tesi sui primati, oggi scrive di scienza e cura uffici stampa. Ha lavorato come free lance per diverse testate - tra cui Le scienze, Il Messaggero, La Stampa - e si occupa di comunicazione collaborando con società ed enti pubblici come l’Accademia dei Lincei.

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