Il lungo cammino del Parco sardo

Il destino del parco geominerario della Sardegna vive in questi giorni momenti decisivi. Dopo mesi di immobilismo, gli 81 comuni che costituiscono il parco sembravano aver raggiunto un accordo sulle nomine dei quattro consiglieri che li dovranno rappresentare. Il termine per la designazione era stato fissato per la metà di giugno, ma ancora oggi all’appello mancano due nomi. Sono quelli che devono essere indicati dai comuni delle aree di Iglesias e Carbonia, le zone più importanti tra quelle incluse nel parco. Un’assenza che pesa sul destino dell’area: solo dopo che i quattro nomi saranno resi pubblici il Ministero dell’Ambiente, una volta sentite le altre istituzioni coinvolte, potrà costituire il consiglio direttivo. E solo in quel momento, uno dei parchi di archeologia mineraria più importanti al mondo potrà definirsi operativo. Sono passati quasi cinque anni da quando l’Assemblea Generale dell’Unesco dichiarò a Parigi questo parco primo della rete mondiale dei geoparchi: i minatori sardi allora pensarono che dalle gallerie potesse finalmente nascere un’opportunità di riscatto. In quell’occasione ben 174 Paesi giudicarono eccellente e unico il progetto della Regione Sardegna, meritevole di fare da battistrada a iniziative di rivalutazione culturale e scientifica di siti simili in tutto il mondo. Ormai di quell’entusiasmo iniziale è rimasto ben poco e al suo posto sono cresciuti un mare di polemiche e aspri conflitti politici. Nonostante un interminabile balletto di riconoscimenti, cerimonie e decreti ministeriali, il futuro del parco da mesi è affidato a un Comitato Provvisorio di Gestione, considerato all’unanimità inoperoso. “Fino all’istituzione definitiva del Consiglio il parco non potrà decollare”, sostiene Tarcisio Agus, sindaco di Guspini, uno dei comuni coinvolti. “I comuni da soli non possono fare molto e, anzi, rischiano di creare doppioni di iniziative già avviate altrove. Una delle funzioni più importanti di questa istituzione è quella di coordinare l’enorme numero di informazioni in circolazione, attraverso una banca-dati consultabile da tutti”. Dello stesso avviso è Luciano Ottelli, ex-direttore di Igea, società che si occupa della messa in sicurezza dei presidi minerari: “Senza un referente, è normale che ognuno vada per conto proprio: di conseguenza non si possono fare investimenti a lungo termine, soprattutto sulle persone. Potrei dire che la gestione di questo progetto è andata avanti sin dall’inizio grazie alle quattro I: indifferenza, ignoranza, incompetenza, incapacità”.Il riconoscimento internazionale del progetto-parco fu il coronamento di un lungo lavoro di ricerca coordinato dall’Ente Minerario Sardo a cui presero parte numerosi tecnici, docenti universitari ed esperti di varie discipline: l’idea originaria era quella di valorizzare e salvaguardare il patrimonio tecnico-scientifico, storico e ambientale che con la cessazione dell’attività estrattiva era condannato a un inesorabile declino. Le otto aree disseminate per tutta la Sardegna, che coprono una superficie di 32 mila ettari, rappresentano un viaggio nella cultura mineraria lungo migliaia di anni, a partire dalle civiltà prenuragiche per arrivare sino al Novecento. Tutto il territorio è disseminato di edifici e realizzazioni tecniche uniche in Europa (come il porto a mare di Porto Flavia vicino a Iglesias), la cui importanza storica e scientifica va ben oltre il semplice aspetto turistico. “Nella zona di Montevecchio stiamo creando dei percorsi che si intersecano con quelli del parco letterario dedicato allo scrittore Giuseppe Dessì”, spiega Agus. “Grazie alla collaborazione dell’istituto Luce e del regista Gianfranco Cabiddu vogliamo ricostruire fedelmente alcuni aspetti della vita di miniera, con costumi e suoni originali dell’epoca. Pensiamo addirittura di creare delle ambientazioni per set cinematografici”. In attesa della costituzione del Consiglio Direttivo quindi il progetto parco prosegue lentamente, grazie soprattutto a iniziative isolate di comuni e associazioni, ma anche con la difficile opera di messa in sicurezza e di bonifica dei siti minerari dismessi. La questione ha creato inevitabilmente ulteriori polemiche: è sorto infatti un conflitto di competenze che riguarda Igea, la società costituita appositamente dalla Regione Sardegna, e un consorzio temporaneo di imprese private. Tutto ciò complica maggiormente la vicenda, che rischia di trasformarsi sempre più in una guerra tra poveri, e cioè fra i minatori e i disoccupati assunti per la realizzazione dei lavori, uniti alla nascita del parco da grandi speranze. Questi ultimi addirittura avevano dato luogo a un’occupazione dei pozzi lunga un anno, che venne terminata nel novembre 2001 solo in cambio dell’istituzione dell’attuale comitato provvisorio di gestione. “Quella battaglia venne conclusa solo davanti alle rassicurazioni del ministro in persona (Willer Bordon n.d.r.)”, racconta Giampiero Pinna, consigliere regionale e presidente dell’Associazione Pozzo Sella, rimasto in occupazione per molti mesi ininterrottamente. “Adesso sembra nuovamente fermarsi tutto. In occasione della Settimana Nazionale dei Parchi con altre 42 associazioni culturali, ambientaliste e umanitarie abbiamo costituito un coordinamento per fare sentire più forte la nostra voce affinché la burocrazia vada avanti. Di questo passo probabilmente nemmeno i nostri nipoti vedranno il parco così come lo abbiamo sognato. Ma questa non è una buona ragione per smettere di lottare”.

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