Il metro del dolore

Quando una persona prova dolore, partono onde a bassa frequenza da due profonde aree del cervello, la cui durata è correlata all’intensità della sensazione. È la scoperta di alcuni neurologi dell’Università di Oxford (Gb), guidati da Morten Kringelbach, presentata la scorsa settimana a San Diego durante il convegno della Società di Neuroscienze, e pubblicata su Nature.

Come ha dichiarato Kringelbach, si tratta della quantificazione oggettiva di un’esperienza soggettiva. Precedenti studi avevano già identificato singoli neuroni che si attivano in concomitanza alla sensazione del dolore, ma la loro risposta è di tipo binario: segnalano, cioè, se l’individuo prova o meno sensazioni spiacevoli, e non la loro intensità.

I ricercatori di Oxford hanno ora registrato l’attività di due aree del cervello, il talamo e la materia grigia periacqueduttale, attraverso elettrodi utilizzati per la terapia chirurgica con effetti analgesici nota come Deep-brain stimulation (Dbs). Durante l’esperimento, dodici pazienti sono stati stimolati nelle parti del corpo doloranti e in ‘zone neutre’ alternativamente. Le registrazioni mostrano che dai neuroni di queste aree si attivano delle onde cerebrali, dette “fusi del dolore”, in concomitanza allo stimolo, e che la loro durata è correlata all’intensità della sensazione riportata dai volontari.

Secondo gli autori, la conoscenza dei meccanismi neurofisiologici alla base della sensazione del dolore e lo studio di questi segnali porterà ad affinare i metodi attuali di analgesia tramite stimolazioni elettriche. Resta da stabilire se le “onde del dolore” scompaiano con gli anestetici o con tali terapie elettriche. Il prossimo passo sarà cercare di rilevare i segnali con tecniche meno invasive, per esempio la magnetoencefalografia (Meg), che misura l’attività elettrica del cervello attraverso variazioni del campo magnetico. (mi.m)

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