Categorie: Fisica e Matematica

Il motore a vapore più piccolo del mondo

Negli ultimi anni, gli scienziati hanno imparato a lavorare materiali su scala microscopica (vedi Galileo, “Come si piega un nanotubo“) e sono addirittura riusciti a costruire piccoli congegni elettrici di grandezze prima inimmaginabili (vedi Galileo, “La macchina elettrica più piccola del mondo“). In ognuna di queste operazioni, i ricercatori si sono accorti di una cosa: quando si lavora sulle piccole dimensioni, emergono problemi inaspettati, inesistenti nel macromondo.

Questo è quello che è successo anche a due ricercatori tedeschi del Max Planck Institute for Intelligent Systems. I fisici, in uno studio pubblicato su Nature Physics, spiegano come sono riusciti a risolvere le complicazioni – tutte causate dalla termodinamica microscopica – nella realizzazione del più piccolo motore a vapore del mondo, grande appena qualche micrometro.

Si tratterebbe, in particolare, di una rivisitazione di un motore Stirling, macchina a vapore ideata circa 200 anni fa da Robert Stirling, inventore scozzese. Il marchingegno, utilizzato fino all’avvento di transistor e potenze elettriche compatte, era costituito da un pistone riempito di gas che veniva riscaldato e raffreddato ciclicamente. In questo modo, le particelle contenute nel cilindro si potevano espandere e contrarre, e il movimento meccanico poteva essere usato per far girare una ruota o alimentare apparecchi che necessitavano di energia. “Si può dire che abbiamo creato il più piccolo motore Stirling del mondo. Una macchina a vapore che, con nostra sorpresa, funziona”, ha spiegato Clemens Bechinger, uno dei due ricercatori che hanno condotto lo studio. “Non era affatto scontato che lo facesse veramente. Nel mondo microscopico intervengono delle perturbazioni che a livello macroscopico sono ininfluenti”.

Tutte le componenti del piccolo motore sono infatti di dimensioni molto ridotte. “Abbiamo semplicemente trovato il modo di rimpicciolire le singole parti del motore, per poi riassemblarle insieme”, ha spiegato il co-autore dello studio Valentin Blicke. Per esempio, il gas all’interno del cilindro non è più formato da un numero enorme di particelle, ma solo da un’unica molecola di plastica, grande tre micrometri (all’incirca come un batterio), immersa in acqua. E al posto del pistone vi è una coppia di fasci laser: uno serve a far muovere la molecola in una direzione specifica (come il gas si muoveva all’interno del cilindro), l’altro viene usato per riscaldare l’acqua e far espandere la plastica (questo perché, per le leggi della termodinamica, per produrre energia si ha bisogno che le due fasi del movimento avvengano a temperature diverse).

Ma è proprio questo meccanismo di riscaldamento e raffreddamento del liquido a provocare i maggiori problemi. Le molecole d’acqua, infatti, si muovono continuamente a causa dell’alta temperatura, sbattendo contro la plastica. La sferetta dunque, a causa degli urti, ha continui scambi energetici con ciò che la circonda, che risultano essere del medesimo ordine di grandezza dell’energia prodotta dal motore stesso. “Questo effetto nel mondo macroscopico non ha ripercussioni sull’efficienza delle macchine, perché l’energia prodotta da quelle più grandi è di diversi ordini di grandezza maggiore di quella dissipata nel meccanismo”, ha spiegato ancora Bickle: “Invece, per il nostro motore l’effetto è sensibile, e fa sì che la quantità di energia prodotta vari moltissimo da ciclo a ciclo. Nei casi più sfortunati il rendimento può essere anche nullo”.

Nonostante l’inconveniente, i ricercatori sono soddisfatti anche solo di essere riusciti a far funzionare il micromotore. “Siamo sorpresi che la macchina riesca a convertire energia ad ogni ciclo: se è vero che in alcune occasioni perde colpi, in altre riesce ad avere addirittura la stessa efficienza della sua controparte macroscopica”, ha concluso Bechinger.

L’esperimento dimostra che può esistere un motore termico che lavora anche a dimensioni microscopiche. Per ora il meccanismo non produce alcun lavoro utile, ma è stato dimostrato che non ci sono ostacoli teorici che impediscano il suo funzionamento anche su scale così piccole: i problemi sono solo tecnici, hanno sottolineato i ricercatori. Visto che i due sembrano voler continuare a lavorare al miglioramento della loro micro-creatura, non si può escludere che una versione potenziata possa un giorno essere usata per fornire energia ad apparecchi sempre più piccoli.

Riferimento: doi:10.1038/nphys2163

Credit per l’immagine: motore Stirling, Wikipedia

Laura Berardi

Dopo essersi laureata in fisica presso Sapienza Università di Roma con una tesi in Meccanica quantistica, ha deciso di dedicarsi alla comunicazione scientifica: ha frequentato il Master SGP e si è diplomata nel 2011 con una dissertazione su scienza e mass media, nello specifico sul tema della procreazione medicalmente assistita. Oggi è redattrice scientifica a Quotidiano Sanità, collabora con Galileo e Sapere e scrive per Wired.

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