Il movimento che cura

L’attività fisica aiuta a prevenire l’insorgenza del diabete di tipo II, quello cioè che può insorgere con l’avanzare degli anni e che colpisce in prevalenza i soggetti obesi. È un dato ormai confermato da studi condotti in tutto il mondo, Italia compresa. Un’evidenza che ha spinto le maggiori società scientifiche internazionali (American Diabetes Association, American College of Sports Medicine e Diabetes Exercise and Sports Association) a identificare protocolli terapeutici e a elaborare linee guida e raccomandazioni su come indirizzare verso una corretta pratica dell’attività fisica, sia in assenza che in presenza di complicanze croniche. Come somministrare questa nuova terapia? Così come avviene per i farmaci, gli esperti infatti suggeriscono delle prescrizioni personalizzate, che tengano conto dell’età, dello stato di salute generale e del metabolismo. “L’esercizio fisico”, ha spiegato Giuseppe Marelli dell’Unità Operativa di Diabetologia dell’Ospedale di Desio (Milano) nell’ambito di un workshop promosso dalla Scuola Internazionale di Scienze Mediche del Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, “è stato ritenuto, fin dagli albori dell’era insulinica, un fattore importante di controllo metabolico del diabete e nella prevenzione delle sue complicanze vascolari”. Già nel 1926, Lawrence, un medico diabetologo diabetico, pubblicò sul British Medical Journal un’osservazione compiuta suse stesso: “l’iniezione sottocutanea di insulina rapida riduce più efficacemente la glicemia quando è seguita da un esercizio fisico”.”Il diabete di tipo II”, hanno affermato Francesco Fallucca e Stefano Balducci della II Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza” di Roma, “è un disordine metabolico eterogeneo con differenti prevalenze nei vari gruppi etnici: importante, dunque, è l’interazione tra fattori genetici e ambiente. Molti polimorfismi genetici si sono dimostrati coinvolti nella genesi dell’insulinoresistenza e nell’incidenza di questa malattia”. Il gruppo dei due medici negli ultimi quattro anni ha studiato l’impatto dell’esercizio fisico nei pazienti osservando che, un esercizio fisico combinato (aerobico più anaerobico), migliora il controllo metabolico e riduce i fattori di rischio cardio-vascolare.Vincenzo Perciavalle, ordinario di Fisiologia Umana nell’Università di Catania, ha spiegato quali sono materialmente i meccanismi di azione dell’attività fisica e come si traducono in benefici per i diabetici: “Il difetto centrale, nel diabetico di tipo II è dato dall’insulinoresistenza periferica che determina dapprima l’iperinsulinemia compensatoria e, successivamente, insulinodeficienza relativa e iperglicemia. Ogni singola seduta di esercizio fisico abbassa la glicemia per l’aumento del consumo muscolare di glucosio e le sedute successive – protratte nel tempo (training) – riducono, progressivamente, l’insulinoresistenza attraverso una maggiore espressione sulla superficie cellulare di glucotrasportatori”. Si innesca così un circolo virtuoso riduce a cascata l’iperinsulinemia, la tendenza a depositare grasso a livello addominale con miglioramento del profilo lipidico e, infine, la produzione epatica di glucosio con ulteriore miglioramento della glicemia, specie a digiuno.”Il diabetico deve essere messo in condizioni di partecipare attivamente e coscientemente, senza nessuna imposizione”, ha spiegato Maurizio Di Mauro, ricercatore presso il Dipartimento Scienze Biomediche dell’Università di Catania. Sono tre tipi di requisiti da prendere in considerazione: individuali, metabolici e fisici. Fra i primi, oltre l’età, bisogna tenere conto del livello culturale, dell’ambiente, della famiglia. Fra quelli metabolici il tipo, la durata della malattia, la terapia diabetico-farmacologica, lo screening delle complicanze. Infine, fra i requisiti fisici bisogna considerare lo sviluppo muscolo-scheletrico, lo stato fisico attuale e la mobilità articolare. Nasce così il concetto di “piramide” dell’attività fisica del diabete: un percorso educativo, specifico e pianificato che, partendo dalla base di essa, attraverso passaggi obbligati e vincolanti, si snoda progressivamente verso il vertice della piramide.

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